Piccole e grandi storie nella pietra, ossia scritte e raccontate su pietre o con statue, lapidi, ceppi ed iscrizioni. Se ne trovano un po’ ovunque, con pietre, lapidi e statue ora ben tenute ora nient’affatto. Venafro, città dalla storia millenaria, ovviamente ne ha tante di siffatte statue, pietre ed iscrizioni disseminate nell’abitato urbano e che “raccontano” appunto la ricca storia locale, fatta di cose belle ed altre meno piacevoli. Si diceva della loro collocazione e del loro utilizzo nel tempo. In genere nei secoli e nei decenni trascorsi, quando si viveva in assenza di norme precise in materia di tutela, conservazione e salvaguardia delle preziose testimonianze dei tempi che furono, si usava utilizzare siffatte pietre “storiche” per costruire senza stare a badare se le si rovinava o addirittura se si finiva per distruggerle. E a Venafro, città come detto ricca di tante storie nella pietra, non sono pochi gli esempi di un utilizzo a dir poco superficiale ed alla buona di siffatta ricchezza storica impressa nella pietra. Tra le tante storie scolpite nella pietra e che continuano a testimoniare quanto avvenuto, due in particolare svettano sulle altre : la pietra che all’imbocco di via Redenzione “racconta” della terribile pestilenza che ad inizio 1500 colpì duramente la popolazione locale facendo migliaia di morti e la statua di epoca romana, purtroppo senza testa, incredibilmente murata sulla parete esterna di un’abitazione privata che porta alla piazzetta Enzo Guarini, sulla quale si faccia la storica Chiesa di Sant’Antuono, importante (ma oggi inagibile) luogo di culto avendovi confessato nel 1911 l’allora 24enne Padre Pio, nel corso della sua breve permanenza a Venafro (40 giorni), esattamente al Convento Francescano attiguo alla Basilica del Patrono San Nicandro, per riprendersi dai mali che all’epoca lo affliggevano. Soffermiamoci sulla pietra che “racconta” il morbo, la peste del 1503/1504 che tanto infierì su Venafro. Ecco quanto vi è scolpito, in maniera assai essenziale e da mano evidentemente poco artistica : “ Nel 1503 ci fu il morbo in Venafro durò fino al 1504 morirono 1.200 anime “. Cifre e testimonianze terribili che attestano la morte della metà circa della popolazione venafrana dell’epoca ! In tempi recentissimi, qualcuno – bontà sua …- ha ritenuto di passare un pennarello nero nelle parole scolpite nella pietra, forse perché fossero lette e maggiormente notate dai passanti ! Altre attenzioni, riguardi particolari verso la pietra di Via Redenzione o la statua nei pressi di Sant’Antuono ? Assolutamente no ! Stanno lì, senza che nessuno le tocchi e le rovini, ma anche senza le attenzioni che meriterebbero in quanto testimonianze importantissime di storia locale. Così come tant’altre lapidi ed iscrizioni, per tutte citiamo quella di epoca romana sul centrale Corso Campano murata sulla parete esterna di altro immobile privato, che raccontano la ricca ed importante storia locale ma di cui nessuno pare intenzionato ad occuparsi e curarsi. Un venafrano appassionato di storia : ”Non sarebbe il caso e tempo di rimuovere tutto quanto per esporlo nel Museo Nazionale di S. Chiara a Venafro, arricchendone offerta, patrimonio ed importanza ? Sarebbe il modo giusto per accrescere ruolo e richiamo di tale Museo, attirando finalmente maggiori visitatori, e contemporaneamente conservare nella maniera più opportuna le testimonianze della storia cittadina ancora murate all’esterno di abitazioni private”.

Tonino Atella