di Domenico Angelone

Con i fondi Cis il contratto istituzionale di sviluppo, la regione Molise si gioca il futuro, unito ai fondi Europei che qualora non si inverta la tendenza a sfruttarli adeguatamente e non come fatto fino ad oggi, il Molise che perde 2.000 unità l’anno per l’emigrazione, davvero non esisterà più.

Ma i conti ancora non tornano e si sta rischiando di vanificare ogni progetto futuribile per la creazione di nuovi posti di lavoro e la sussistenza stessa di questa regione.

Si è preferito investire sui tratturi con il Cis 129 milioni di euro inspiegabilmente, mancando di dati fondamentali. Senza una filiera turistica e con un target di riferimento stagionale, sviluppare il turismo sui tratturi è da folli, lo sanno gli esperti di turismo, lo dice il diritto turistico che si studia all’università: “senza filiera qualsiasi iniziativa turistica è destinata a soccombere”.

Questa pioggia di milioni nella direzione dei tratturi assume toni grotteschi solo a pensarci. Dopo che i 61 comuni avranno avuto la loro manciata di milioni di euro come riusciranno a sviluppare incoming, senza esperienza e volontà dei cittadini a voler fare turismo, che ripetiamo è una scienza esatta e non una velleità solo per catalizzare una pioggia di milioni su un territorio, magari per accontentare quasi la metà delle amministrazioni comunali molisane, per reggere forse, le fila del potere costituito politico, ma per quanto tempo? Con quali risultati?

Bene, il riconoscimento dei tratturi come patrimonio dell’Unesco, ma da qui a puntare sui tratturi per lo sviluppo turistico di una regione è qualcosa di molto diverso e sa di tanta approssimazione.

330 chilometri di piste ciclabili e pedonabili, che hanno bisogno di manutenzione costante e utilizzabili per massimo due mesi l’anno, nella bella stagione dagli appassionati del verde, con quale criterio vi sarà un utile e nel progetto quante unità lavorative si potranno sviluppare. Insomma, dov’è questo “business plan” così importante da far cambiare le sorti di una regione alla deriva?

Se scendiamo con i piedi per terra, senza voli pindarici, una parte consistente di quegli ingenti capitali, potevano essere spesi per potenziale la nostra università, farla diventare un fiore all’occhiello nel meridione, con facoltà scientifiche, magari di ingegneria, puntando sulla ricerca universitaria e offrendo a Campobasso e Isernia la possibilità di incrementare il numero degli iscritti e quindi potenziare una economia ristagnante che non offre più la possibilità di restare in questa terra.

Ci insegnano le piccole città con la presenza di università brillanti, dove si è puntato tutto sugli studenti per fare economia, Urbino, Siena, Perugia, solo per citarne alcune. Dove il turismo è dettato anche dall’università e a tutto l’indotto che genera ricchezza.

Nel Molise no, sempre in controtendenza rispetto a quella che dovrebbe essere la normalità di progetti semplici e sostenibili per il futuro. I tratturi con tutto il bene che vogliamo a questa terra hanno avuto la giusta attenzione da 30 anni con una pioggia di milioni, cadenzati ogni lustro per ritrovarci rovi e unico progetto serio, quello della famiglia Colantuono che una volta l’anno lo percorre con la mandria di mucche, scenografico, avvincente, ma economicamente: dov’è il business?

Possibile che non ci sia un minimo di discernimento nella giusta direzione di uno sviluppo integrato tra università e le nostre principali peculiarità storiche, architettoniche e naturalistiche?

Siamo ancora in tempo per invertire la rotta verso l’abisso di questa regione, chi ne ha facoltà intervenga.