Il 15 marzo, Venafro commemorerà i propri civili caduti sotto “il fuoco amico”, ossia degli Usa o di truppe alleate con gli americani, che per imperdonabile e storico sbaglio nella lettura di carte altimetriche e planimetrie scambiarono Venafro per la vicina Cassino. In effetti i predetti bombardieri erano diretti verso la cittadina laziale per scaricare il loro carico di morte sulle truppe naziste asserragliate nell’Abbazia di Montecassino, ma l’errata lettura delle carte finì per procurare il bombardamento di Venafro del 15 marzo 1944 nel corso del quale ci furono centinaia di morti tra i civili venafrani colti assolutamente impreparati e la distruzione di tanta parte del centro storico.

La città, come detto, annualmente ricorda e commemora defunti e tutto quanto accadde. La cerimonia si ripeterà puntuale nella mattinata del prossimo giovedì 15 marzo con celebrazione religiosa nella Chiesa della SS Annunziata, sfilata di autorità e gonfalone per le strade cittadine e commemorazione e deposizione di corone di fiori al Monumento ai Caduti di tutte le guerre in piazza Vittorio Veneto. In tutto quanto avverrà c’è però qualcosa che non piace affatto ai parenti di altri tragici bombardamenti che investirono Venafro nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, esattamente il 4 ed il 20 ottobre dell’anno precedente, il 1943, procurando altre 18 vittime civili tra la popolazione che cercava disperatamente di sfuggire ai cannoneggiamenti americani indirizzati verso la zona del Campaglione, periferia ovest della città, dov’era situato l’accampamento nazista che gli americani intendevano colpire.

In effetti, e da qui scaturisce la composta e civile contrarietà di tanti, Venafro continua a ricordare e commemorare i caduti del 15 marzo 1944, tant’è lapidi, iscrizioni e manifestazioni ufficiali, ma non fa altrettanto coi civili che lasciarono la vita il 4 e 20 ottobre 1943, il cui sacrificio in effetti non risulta ufficializzato con lapidi, cerimonie e commemorazioni pubbliche così come avviene per le vittime del 5 marzo ’44.

Lo scorso anno, ad onor del vero, sotto la spinta del movimento “I Venafrani per Venafro” che sollevarono la questione e soprattutto dei parenti delle 18 vittime dei bombardamenti del ‘43 che da anni reclamavano a ragione analogo rispetto per tutti i caduti, senza distinzioni o imperdonabili dimenticanze, e che chiedevano l’ufficializzazione con apposita cerimonia pubblica del sacrificio anche dei loro cari, lo scorso anno -si diceva- il Comune nel corso della commemorazione al Monumento ai Caduti citò le vittime di tutti e tre i bombardamenti subiti da Venafro, senza però andare oltre e limitandosi unicamente appunto alla citazione.

Sulla delicata questione ecco il parere dei parenti dei 18 civili caduti il 4 e 20 ottobre ’43 : “Non chiediamo l’impossibile -affermano questi- ma quanto meno il ricordo ufficiale e duraturo del sacrificio dei nostri congiunti, tramite l’apposizione di una lapide alla Casa Comunale. In tal modo si trasmetterà finalmente alle generazioni future il messaggio completo del sacrificio vissuto dalla popolazione venafrana nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Del resto non è cosa bella ed accettabile non ricordare, come invece sarebbe doveroso, quanti caddero il 4 e 20 ottobre 1943, giusto come avviene opportunamente per le vittime del 15 marzo 1944. I nostri sfortunati congiunti cercarono di sfuggire ai cannoneggiamenti americani verso l’accampamento tedesco al Campaglione, ma trovarono la morte.

Perché non renderne ufficialmente duraturo il ricordo ?”. In attesa che tanto avvenga da parte delle istituzioni, proviamo a farlo come organo d’informazione riportando i nomi dei 18 sfortunati civili caduti a Venafro nel corso dei bombardamenti dell’ottobre ’43 : sono Fernando Ottaviano, Nicandro e Mario Vaccone, Antonio Giannini, i coniugi Bambina Policella e Giovanni Colangelo originari di Carpinone (Isernia) e casualmente a Venafro, Giacinta Leva, Giuseppina Verrecchia, Maria Carmela Iannacone, Emilia Tagliaferro, i giovanissimi fratelli Paolo e Lucio Andreozzi, Luigia Conte, Crescenzo Ricchiuti, Giacomina, Clara e Filomena Natale e Michelina Testa.

Dal prossimo anno verrà scoperta ufficialmente con cerimonia pubblica apposita lapide nel Palazzo di Città a testimonianza e ricordo perenne anche del sacrificio di tali sfortunati civili, caduti sotto il “fuoco amico” nell’ottobre ’43 ? E’ l’auspicio di tanti per chiudere una vicenda storica a dir poco controversa. (Tonino Atella)