di Claudia Mistichelli

Prima o poi capita a tutti di essere giudicati dal popolo del web.

Sicuramente un controsenso difendere i diritti di alcuni, offendendo altri.

Facebook è diventato il luogo dove minacciare e ricattare il prossimo, rendendo pubbliche discussioni e foto private, oppure, condividendo commenti altrui per screditarli (semplicemente perché non si è d’accordo con loro).

Guai a toccare alcuni argomenti sensibili, immeditamente si leggono i nomi dei peccatori sulle varie bacheche di facebook, conditi da commenti poco piacevoli o di disprezzo.

Ovviamente con tanti consensi, i famosi “mi piace”, di chi vigliaccamente acconsente in silenzio.

Peccato che i moralizzatori di facebook non si siano presi la briga di leggere a cosa fosse realmente riferito il “CHE SCHIFO”, spiegato abbondantemente nei commenti, riferito alla situazione e non alle persone, che vengono umiliate da alcuni atteggiamenti provocatori.

Mentre qualcuno scatena la caccia alle streghe, qualche altro continua a gridare ancora più forte: CHE SCHIFO per questa finta accoglienza, contro chi si arricchisce sulle spalle della povera gente e che non lascia alcuna speranza di un futuro migliore per i migranti, contro il racket che obbliga alcune persone a chiedere l’elemosina e, in questi ultimi tempi, oltre al cappellino si obbliga a tenere tra le mani anche un Rosario, forse, per dimostrare che non si tratta di un attentatore; CHE SCHIFO per tutte le ingiustizie e per una libertà che non esiste più: di parola, di voto, di cure mediche o di un lavoro dignitoso.

In tutto questo schifo, però, c’è chi argomenta il proprio parlare e chi, invece, utilizza Facebook come un’arma, trasformandosi in un terrorista dei social.