Della Dott.ssa Francesca Capozza Criminologa

“Mi è venuto in mente di condurre una vita brillante e quindi mi servivano soldi, al che per avere questo denaro l’unica soluzione possibile era quella di ottenere subito l’eredità che mi spettava dai miei genitori nel caso fossero morti e mi sarebbe anche piaciuto averla intera. Con questo intento ero costretto a uccidere anche le mie sorelle…” Pietro Maso. Con questa ideazione lucida e chiara Maso nel Novembre 1990 decide di uccidere i genitori ( lui 55 anni e lei 48, in buona salute, buon rapporto reciproco, economicamente agiati). Assolda 3 amici a cui ha accordato un’ adeguata retribuzione. È la notte del 17 Aprile 1991 a Montecchia di Crosara (Ve). Il gruppo criminale si incontra al bar “Jhon”.  Fa tappa a casa di uno dei membri. Preleva tutto l’occorrente per la strage (2 borse contenenti tute da lavoro, un tubo di ferro di 50 centimetri, maschere di carnevale, un antifurto bloccasterzo per auto). I 4 giungono a casa del Maso, indossano le tute, svitano le lampadine delle luci della scala e della cucina. Restano appostati nel buio. I genitori di Pietro sono ad un incontro parrocchiale, ma toneranno a breve. Saranno i 50 secondi più interminabili e truculenti di una fredda, gelida mattanza. Il padre varca la soglia, il figlio lo colpisce alla testa con il tubo di ferro e un amico con una pentola. La madre cerca di opporre resistenza ma Giorgio, uno dei membri del sodalizio criminale, afferra una coperta sul divano e la soffoca mettendosi a cavalcioni su di lei. Li colpiscono ripetutamente. Senza esitazione. Mai. Fino ad essere certi di aver compiuto quanto pattuito.

Rapidamente si liberano del materiale usato per il delitto e cercano di crearsi un alibi andando alla discoteca “Berfi’s “ in cui però non riescono ad accedere. Vagano nella notte per alcune ore. Ciascuno fa rientro a casa propria. Maso “scopre” il duplice omicidio e avvisa un vicino di casa che immediatamente telefona ai carabinieri. Ma gli investigatori capiscono subito che non bisogna cercare lontano. Pietro Maso mantiene un atteggiamento distaccato, come se quel dramma non lo riguardasse. Dopo poco, confessa. Freddo, logico, coerente. Una ipertrofia narcisistica, la sua, dietro cui cela il suo apparente autocontrollo e il suo essere sempre nella condizione di dominare tutto e tutti. La sua vita di relazione è fortemente inquinata da una costante strumentalizzazione e manipolazione. Il rapporto con gli altri è carico di conflitti e opposizioni, in quanto sempre subordinato alla ricerca di conferme, accettazione, possibilità di affermazione. Legami che, come quelli con le ragazze, si basano sulla quantità e non sulla qualità della relazione, particolarmente sensibile a qualsiasi tipo di critica o giudizio. Questo il profilo di Maso…Una mente capace di intendere e volere, in un crimine organizzato.

Tale delitto rientra nella classificazione dei “Parricidi”. Si tratta di uno Staged domestic homicide, ovvero delitto pianificato,  attuato per conseguire un immediato profitto economico. Il parricida in tal caso è classificabile nella categoria degli “ereditieri”: Il parenticidio è cioè finalizzato al guadagno economico ricavabile dalla prematura morte dei parenti. Negli ereditieri si rileva la scarsità di alternative ai propri comportamenti, forse per preesistenti problematiche psichiche, limitazioni intellettive, come se l’omicidio fosse l’unica soluzione per raggiungere l’arricchimento, senza considerare altre opzioni convenzionali o anche criminali.