«Chiedo al popolo italiano pieni poteri». Così Salvini, il ministro degli interni più reazionario del dopoguerra, svela il proprio progetto di semisultanato alla Orban ponendo in ulteriore pericolo le libertà democratiche. Non il fascismo, ma neppure un ‘ordinaria destra in una normale logica di alternanza.
Un nefasto disegno che ha portato avanti approfittando del potere di Ministro dell’Interno tra illecite strette forcaiole contro i migranti, demagogie reazionarie sull’ordine pubblico, invocazione abusive e ipocrite di rosari e Madonne, e con la piena complicità del M5S.
È per questo che Salvini ha aperto la crisi del governo Conte e ha rotto con il M5S; e con fretta, sia per ostacolare l’inchiesta su Moscopoli che può azzopparlo in mezzo al guado, sia per la pressione dei potentati leghisti del Nord, già da tempo insofferenti verso il M5S e interessati al bottino pieno sulle “autonomie”. Cioè per mero opportunismo, per la paura di non poterlo fare domani, o di doverlo fare in condizioni peggiori.
Le ipotesi variano: governo elettorale per evitare la gestione inquinata del voto da parte dello stesso Salvini quale ducetto- ministro dell’Interno, complicata ma non impossibile; governo PD-M5S (ma qui il M5S rischia il suicidio a favore di Salvini, mentre la segreteria PD fa barriera anche per i giochi di concorrenza tra Zingaretti e Renzi).
Lo sbocco più possibile resta quello delle elezioni anticipate (ottobre-novembre), sia che a gestire l’accesso al voto fosse il governo uscente, sia che fosse un “governo di garanzia elettorale”.
Ma la corsa solitaria per Salvini è rischiosa: ha bisogno della maggioranza assoluta dei seggi, e per questo gli serve l’alleanza con Meloni e Berlusconi. Il M5S forse può ricomporsi per il voto, ma la figura di Di Maio è compromessa. Il PD cercherà di riaggregare attorno a sé un’alleanza di centrosinistra, ma senza realistiche possibilità di successo.
In queste condizioni si profila la possibile vittoria elettorale di un pericoloso blocco reazionario e antioperaio a egemonia salviniana.  Anche se la candidatura di Conte per conto del M5S potrebbe rafforzare quest’ultimo e una crisi finanziaria, legata a una impennata dei tassi di interesse, con la conseguente svalutazione patrimoniale delle banche, potrebbe spaventare la piccola borghesia e complicare la marcia di Salvini.
Questo scenario disastroso viene in primis dall’arretramento profondo del movimento operaio, dei suoi livelli di mobilitazione e di coscienza, di cui portano piena responsabilità le burocrazie sindacali, e i gruppi dirigenti della sinistra politica,con la loro politica subalterna al padronato e di svendita degli interessi dei lavoratori, dalla Legge Fornero alle politiche di Renzi.
Nel 1994 fu il grande sciopero di massa a difesa delle pensioni a fermare il primo governo Berlusconi e a porre le condizioni della sua caduta. Mentre la sua liquidazione, nel nome della subordinazione al centrosinistra di Prodi, D’Alema e Amato, riconsegnò l’Italia a Berlusconi. Fu nuovamente la stagione delle mobilitazioni di massa dei primi anni 2000 (operaie, contro la guerra, no global…) a indebolire e a provocare la caduta dell’ex cavaliere, mentre la svendita di quelle lotte tra le braccia di Prodi ha riconsegnato il paese alla destra.
E così sarebbe oggi con un governo PD-M5S proposto da SEL/SI e PRC, che potrebbe ostacolare la corsa alle urne immediata di Salvini ma gli aprirebbe un nuovo successo populista.
Nessun “fronte di centrosinistra”, tanto più se allargato sulla destra (M5S), può arrestare la marcia reazionaria, antioperaia e antisociale di Salvini.
Può farlo solo il rilancio di un movimento di lotta indipendente del movimento operaio, che rifiuti di subordinarsi all’ennesimo centrosinistra confindustriale, che ricomponga attorno a sé un blocco sociale alternativo che possa aprire il varco ad un’alternativa anticapitalista.
Questa, anche nel Molise, è la memoria che oggi va incorporata alla lotta contro il salvinismo,
la proposta di intervento del Partito Comunista dei Lavoratori, in ogni lotta e su ogni terreno.