di Gianluigi Paragone

«Ricostruire l’Italia del dopo emergenza» scandisce il presidente Mattarella davanti alle Camere riunite. Una bella frase che impatta su una Italia ferma, deserta, divisa in fazioni, per colpa delle sciagurate decisioni di quel governo su cui anche ieri è caduta la benedizione quirinalizia.
Non ho votato per il bis del Capo dello Stato e, dopo il discorso, sono contento della mia scelta. Se l’economia reale è in un lockdown di fatto, è perché dal Colle hanno avallato scelte governative impregnate di fanatismo, rigide e in difetto rispetto alla verità dei fatti. Che senso ha proseguire con le chiusure, con gli steccati, coi green pass, quando altrove hanno cambiato passo e ci si avvia verso la normalizzazione?
Che senso ha vedere che per il festival di Sanremo la Rai non può chiedere green pass agli artisti perché siamo in presenza di dati sensibili, mentre i ristoratori, i commercianti e tanti altri sono costretti a farlo? Il discorso alle Camere è scollato dalla realtà dei fatti, un po’ come la passerella a bordo della Flaminia: chissà se almeno sui sedili posteriori Mattarella ha sussurrato a Draghi di smetterla con le maniere forti verso chi dissente.
Il ricordo del giovane Lorenzo Barelli, morto sul lavoro, fa a cazzotti con il vero ricordo che molti giovani hanno voluto tributare al loro coetaneo a Roma e a Torino ricevendo le cariche dalle forze dell’ordine cui è stata data la consegna del massimo rigore. Mattarella lo sa questo o no?
Queste sono le lacerazioni sociali che l’emergenza Covid ha esasperato volutamente. Quale ricostruzione sarà possibile? Quale ripresa ha in mente il Capo dello Stato mentre elogia un governo che, lo ripeto, si regge su un gioco di specchi distorti?
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In questi giorni cominciano ad arrivare bollette impossibili da sostenere se i bilanci sono in rosso. Dopo aver messo in ginocchio il settore del turismo con decisioni assurde e fanatiche, Mario Draghi and Company stanno azzoppando uno dei volani della ripresa proprio mentre stava cominciando a performare: l’edilizia. La confusione generata dal divieto di cessione multipla dei crediti fiscali legati all’ecobonus è indice di inaffidabilità, di scorrettezza; e soprattutto è una scelta idiota perché stressa un settore fondamentale nell’economia reale. La stretta inserita nel decreto Sostegni ter (oltre al danno pure la beffa) imballa con un colpo solo le imprese della filiera, le banche e le grandi aziende pubbliche e private che facevano da propulsore. In più mette incertezza perché di fatto legittima una retroattività pericolosa rispetto a contratti già siglati. La forza del superbonus sta nella possibilità di convertire il credito fiscale in denaro attraverso la cessione multipla. Perché bloccarla? Le forti critiche dei settori coinvolti obbligheranno il governo a rivedere le posizioni, tanto che molto probabilmente in sede di conversione in legge la maggioranza potrebbe superare il divieto con un altro giro di proroga; ma vale la pena interrogarsi sul fatto che nessun vero rilancio, nessuna vera ripartenza si può fare a colpi di misure spot.
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A maggior ragione nel pieno della famosa «transizione ecologica», motore del superbonus. Mattarella non può dirsi immune a queste critiche perché egli ha firmato il Sostegni Ter nella notte tra il 27 e il 28 gennaio, come ha firmato tutti i decreti di questi anni e non ha alzato ciglio rispetto all’abuso dei dpcm, dello strapotere del Cts e di quant’altro ha finora caratterizzato l’emergenza Covid. Gli entusiasmi del bis non cancellano le responsabilità di scelte e di sostegni precisi. Così come il Sostegni ter sta bloccando le imprese, il lockdown mascherato dentro tanti decreti e dpcm sta bloccando l’Italia e gli italiani. Sotto la regia del «bravo» Supermario.