Riceviamo e pubblichiamo:

Vostro onore sei un figlio di troia. Mi sveglio ancora e mi sveglio sudato!”

…sono i versi tratti da “La canzone del padre” di Fabrizio De Andrè, quasi a premonire una realtà tragicamente attuale!

 Da un’attività di successo all’incubo delle banche, la storia di un imprenditore “distrutto dalla giustizia”

Questa la storia:

Un ex imprenditore molisano caduto nella rete dell’inattivismo del sistema giudiziario. Si descrive così e ha deciso di rivolgersi all’Associazione Codici per denunciare la sua storia. Anni ed anni di sofferenze, di difficoltà economiche e di battaglie legali.

Dal successo al crollo

“Per circa 20 anni  ho lavorato per un’importante azienda di arredamenti, dirigendo vari punti vendita in Molise. Si era creata una bella realtà lavorativa. Oltre a me ed a mia moglie, c’erano 6 dipendenti, a cui se ne sono aggiunti altri 2 per il settore trasporti e consegne. Tutto andava bene, fino a quando ho fatto la scoperta che ha cambiato tutto. L’azienda, inspiegabilmente, applicava una doppia Iva sulla merce. All’inizio non volevo crederci. Ho chiesto chiarimenti, ma ho ricevuto solo risposte vaghe e confuse. È stato un colpo tremendo per l’attività. Da quel momento per me sono iniziati i problemi, perché le entrate sono crollate a causa di una spesa extra che in 10 anni mi è costata quasi 1 milione di euro.

La beffa della giustizia

E qui inizia la seconda parte dell’incubo che sta vivendo l’imprenditore. Ho le carte che dimostrano quello che sto dicendo e l’ho anche denunciato, solo che per i giudici il reato c’è, ma non è possibile trovare il colpevole”. A questo punto ho denunciato anche i giudici ma, ad oggi, non ho ricevuto alcuna comunicazione, tantomeno l’eventuale archiviazione. Tutto sembra svanito misteriosamente nel nulla.
“La giustizia mi ha distrutto – il suo sfogo – i giudici contravvenendo ail loro compito, si sono sottratti adducendo argomenti vaghi senza fondamento giuridico. Così la dinamica dell’accaduto. Nel frattempo, però, il mio patrimonio si è prosciugato per far fronte alle spese non solo delle attività, che sono state chiuse nel 2011, ma anche della giustizia e delle banche, che nel frattempo chiedevano il rientro delle esposizioni, nonostante continuassi a pagare regolarmente le rate.  Affidatomi a periti abilitati, risulta anche anatocismo ed usura da parte delle stesse banche. I giudici non hanno voluto/potuto credere ai risultati delle perizie giurate, quasi a dimostrare l’incapacità professionale dei periti stessi, contravvenendo alla legge stessa. Ulteriore danno è derivato dal diniego  delle  sospensioni dei termini come prevede la legge sulla tutela delle vittime di usura, evidentemente per incapacità o ignoranza della loro materia”.

Un appello e un monito

Le conseguenze di questa situazione sono drammatiche. “Nel tempo – spiega – ho dovuto fare i conti con la perdita totale di beni immobili e mobili per oltre 2 milioni di euro ed oggi rischio con la mia famiglia di restare in mezzo alla strada. La rabbia e la solitudine è tanta, mi sono rivolto alla giustizia illudendomi che avrei ricevuto aiuto e invece ho avuto soltanto problemi. Ho deciso di raccontare la mia storia nella speranza che qualcuno intervenga in mio soccorso, ma anche perché temo che altri imprenditori si trovino nella mia stessa situazione e magari denunciando quanto mi è accaduto si può accendere un riflettore su una realtà poco conosciuta e per questo poco seguita dalle istituzioni”.

Del caso si è occupato l’associazione CODICI per la difesa dei consumatori attiva nel campo dell’usura, della sanità e della legalità.