Al Laboratorio di Neurogenetica e Malattie Rare l’assegnazione di un “grant” di ricerca che punterà alla scoperta di nuovi geni coinvolti nella malattia di Huntington
Assegnato alla Fondazione Neuromed, con il progetto presentato dal dottor Vittorio Maglione, del Laboratorio di Neurogenetica e Malattie Rare, un finanziamento delle Fondazioni Cariplo e Telethon. Il progetto scelto, uno dei ventiquattro selezionati in Italia tra gli oltre duecento candidati, punterà all’identificazione di geni finora sconosciuti che possano avere un ruolo nella Malattia di Huntington, una malattia genetica rara che comporta la degenerazione di aree specifiche del cervello, causando una graduale incapacità di muoversi e parlare, insieme a gravi disturbi mentali.
Grazie a questo progetto, che verrà svolto in collaborazione con il gruppo del professor Graziano Martello dell’Università di Padova, si potrà attribuire una funzione a diversi geni finora poco studiati, ampliando così le conoscenze scientifiche su questa gravissima patologia.
“Della malattia di Huntington – dice Maglione – conosciamo la mutazione genetica che la determina, che porta alla produzione di una proteina, l’huntingtina, in una forma patologica. L’huntingtina mutata, oltre a svolgere un’azione dannosa diretta sul sistema nervoso, può anche interferire con la funzione di molti altri geni.
La nostra ricerca punta a individuare proprio questi altri geni, la cui alterazione potrebbe contribuire all’evoluzione della patologia. In particolare andremo a caccia di geni cosiddetti ‘Tdark’, oscuri potremmo dire, per i quali le informazioni sulla struttura e sulla funzione sono ancora poche. Una volta individuati, l’ipotesi sarà di intervenire su modelli animali, anche con terapia genica, per ripristinarne la funzione e valutare come la malattia ne venga positivamente influenzata”.
“La malattia di Huntington – aggiunge la dottoressa Alba Di Pardo, del Laboratorio di Neurogenetica e Malattie Rare – è una patologia complessa. Alla sua origine genetica si accompagnano particolari situazioni, sia dal punto di vista molecolare che clinico. Proprio per questo l’Huntington ha bisogno di un approccio multidisciplinare, che vede il coinvolgimento di clinici, ricercatori, genetisti e psicologi”.
Come le altre malattie rare, la sfida non è solo nei laboratori, ma anche tra la gente. “Non dobbiamo mai dimenticare – continua Di Pardo – che le malattie rare non sono qualcosa di remoto. Ad esempio, la sola malattia di Huntington colpisce circa seimila pazienti in Italia, e quarantamila sono i soggetti a rischio. La carenza di consapevolezza tra la popolazione è una sfida che coinvolge noi ricercatori anche fuori dai laboratori, nello sforzo di avvicinare i cittadini a questa difficile realtà”.