di Rosaria Alterio

Si diceva una volta con un po’ di malinconia delle cose materiali pensando “all’Aldilà”. Senza però lasciarsi travolgere eccessivamente da questa mesta, veloce convinzione perché si continuava poi a lavorare, a progettare, a fare sacrifici, come suol dirsi, per una casa, un pezzo di terra, un uliveto, un gruzzolo per l’avvenire dei figli.

E questo, dopo l’afflato di tenere unita la famiglia, l’assistenza amorevole dei propri vecchi, l’educazione, la patria, la chiesa, era il mordente della vita; un sano mordente, perché, quando non si era proprio dei Mastro-Don Gesualdo, perfino quelle privazioni erano piacevoli.

Oggi si dice: – Non vorrei possedere proprio nulla”- (Chi qualcosa possiede) e non per una ascetica aspirazione francescana, ma per l’ansia di abbattere incubi ricorrenti. Il piccolo imprenditore che ha dovuto chiudere la fabbrichetta non si dà pace per i suoi operai ora allo sbaraglio.

Il proprietario (si fa per dire perché il vero proprietario oggi è lo stato) del magazzino non sa dove battere la testa per le tasse su un affitto che non riscuoteva oltre quelle sull’immobile stesso e perfino si deve sobbarcare il pagamento delle bollette non evase dall’affittuario fallimentare.

C’è la rabbia e l’impotenza di chi ha visto sfumare i suoi risparmi in quella banca.

C’è anche chi ha perso il lavoro e non può pagare la successione su poche cose che non gli avevano dato mai nessun reddito e che ora non ha trovato non solo a svendere, ma nemmeno a regalare. E c’è ancora, ma non “infine”, l’incubo di chi non pensava, nemmeno con la fantasia, di dover mettere oggi il cartello VENDESI sulla casa del nonno.

Ci avrebbe inchiodato il suo cuore su quella porta! Ma piantiamola qui perché poi c’è la marea dei nuovi poveri (una sorta di “Terzo Stato” della Rivoluzione Francese?) che quegli incubi vorrebbero avere perché non hanno nemmeno il cibo e le medicine. Lo gridano ai quattro venti, ma nessuno li ascolta. Ci manca solo che qualche politico dalla faccia di pietra e nel tentativo di mascherare perfino un sorriso, come li vediamo sempre in televisione, non dica loro come disse Mariantonietta ai rivoluzionari francesi (se è vero che lo disse): – Hanno fame? Mangino Brioches!

In questo tsunami di povertà, di terrorismo, di immigrati, di sfratti a raffiche a ultranovantenni, a disabili e mamme con bambini, di periferie che esplodono, di ladri che rubano e uccidono, di vitalizi davvero vergognosi…In un paese dove, come titolano i giornali, si premiano i furbi e si beffano gli onesti, dove si blatera su manovre elettorali e “urne a ripetizione”, dove perfino il tassametro colpisce diligentemente i poveri diavoli, escludendo attentamente i vip e i politici… ci manca solo l’assalto alla Bastiglia! Piantiamola qui anche con la Rivoluzione Francese, augurandoci per noi altre aurore.

Si continua a gridare, a urlare: il pudore, la dignità dei veri poveri dove sono andate a nascondersi?

Retaggio della letteratura del passato! I poveri ci sono sempre stati, purtroppo! Solo che quelli di una volta forse non avevano con chi prendersela perché la sorte, l’ingiustizia della vita non hanno orecchie! Qualche capo di stato, loro contemporaneo, andava in giro col cappotto rivoltato e non aveva intorno a sè un plotone di nerborute guardie del corpo. Ci sono i barboni oggi che tacciono, non chiedono nulla, si lascerebbero morire di fame e di freddo, come qualche volta è accaduto, se non si offrisse loro un pasto, un indumento. Non vanno a ingrossare nemmeno le file della Caritas ormai anch’essa forse sull’orlo del collasso. L’Italia non sarà più una terra di santi, poeti e navigatori, ma vivaddio, cuori d’oro ne abbiamo ancora da vendere e non solo per la minestra e la coperta ai silenziosi “liberi pensatori”!

Il gelo di questa crisi sta colpendo soprattutto i giovani. Ora, quelli più determinati emigrano, come i loro antenati, in altre terre. Non c’è più il bastimento, il treno, la valigia di cartone. Non si ode nemmeno il pianto, nei crocicchi, ma, parafrasando ancora il poeta molisano, Sabino D’Acunto:

“Nella quiete alta la montagna

Al dolore degli uomini fa eco

Le primavere sacre si rinnovano

Tormentose crudeli senza miti”

Tagliare le radici dalla propria terra è sempre doloroso, inutile tacercelo, e non importano le modalità!. Si scoprirà con desolazione che in futuro non avremo più medici per i pochi ospedali rimasti, né insegnanti nelle scuole. Stanno “migrando” proprio come rondini senza speranze di ritorni “primaverili”. Molti altri giovani, scoraggiati, non imparano un mestiere, lasciano perdere l’università e nemmeno a parlare di avventurarsi nella giungla dell’imprenditoria o del commercio, ma già in concorrenza con gli immigrati, si arrabattono qua e là. Il resto bivacca davanti ai bar tra smartphone e cagnolino.

E come se ciò non bastasse stiamo importando prodotti alimentari di primaria necessità, vere bombe tossiche, da paesi palesemente senza scrupoli. Eppure abbiamo campagne e uliveti abbandonati, tradizioni contadine e culinarie eccellenti! Allora qualche discrepanza c’è.

Per non farla troppo lunga (e senza premere troppo sul martello demolitore perché poi ci sono fioriture di attività in tutti i campi che coinvolgono persone coraggiose e laboriose di cui non si parla nemmeno. Eppure si dovrebbe!) togliamoci “subito” il pensiero con un interrogativo a caso: Perché un fiume delle nostre ultime risorse, di un’Italia ridotta all’osso, scorre in piena verso i paesi dell’Est per il lavoro che le badanti svolgono da noi? Con tutto il rispetto e l’ammirazione del mondo perché non rubano niente a nessuno, se lo sudano quel guadagno lontano dal loro paese e dalla famiglia.

Ora se il lavoro non c’è, e su questo siamo tutti d’accordo, specialmente dopo i quaranta, perché non si assistono i propri vecchi e magari, senza spostarsi troppo, anche quello, vicino casa, che è rimasto solo? Se lo si vuol considerare solo un lavoro, un lavoro sicuro, a tempo indeterminato, non sarà una soluzione esistenziale, ma pur sempre una boccata di ossigeno per arrivare magari alla fatidica fine del mese.

Perché poi, vivendoci accanto a questi vecchi bambini si riscoprirebbero valori che si credevano perduti.

Quando l’anziano dirà grazie a modo suo, per il classico bicchiere d’acqua che gli si è dato, con la tipica espressione nostrana: “Rfresca l’anma “ri muort”, quel cuore forse indifferente che glielo ha porto, comincerà a sciogliersi. Si dice da più parti: – Adottate un cane!- (con tutto il rispetto anche per i cani), non si sente da nessuna parte: -Adottate un vecchio!- Nemmeno a tendere bene l’orecchio.