di Domenico Angelone
Tra i luccichii del Natale, piazze e alberi, addobbi luminosi e luminarie, parrebbe che Isernia abbia invertito la rotta verso l’oblio maturato in anni di distruzione di massa, attraverso la perdita di lavoro e si sia avviata un’altra era. Sembrerebbe quasi una inversione di tendenza rispetto al passato, ma non è oro quello che luccica, dietro questo fasto natalizio si celano i reali problemi dei commercianti e degli artigiani che entro il 31 dicembre chiuderanno i battenti.
Sono in tanti che hanno deciso di restituire le partite Iva, scrollarsi di dosso controlli, tasse esasperate e scarsi introiti. Chiuderà l’azienda storica di vendita di elettrodomestici e TV Guglielmi in Via Umbria e il fioraio sulla stessa strada, ma anche ulteriori chiusure su quasi tutti i corsi principali e nel centro storico, insomma una mattanza di attività che si aggiungono alle già tante saracinesche chiuse in tutte le vie della città.
Gli operatori commerciali isernini, oltre al fisco e un sistema bancario avaro, non ne possono più della concorrenza sleale di cinesi e centri commerciali che oramai vendono di tutto, oltre alla concorrenza di fuori regione, quella dei centri commerciali di grande bacino come il Campania in provincia di Caserta. Abbiamo appurato, ogni domenica partono da Isernia due bus pieni di gente diretti a Marcianise in Campania, accompagnati allo shopping di massa per poi far ritorno nel pomeriggio. Risorse sottratte al commercio locale, ma la vera piaga è il web sotto l’egida di Amazon, oramai seduti comodamente al proprio PC o al cellulare, si può acquistare di tutto con consegna a domicilio e dal traffico di consegne dei trasportatori, non c’è una famiglia che non fa acquisti sul web su Isernia e provincia, una piaga per le attività locali destinata a crescere e moltiplicarsi.
I tempi cambiano e le nostre piccole cittadine si spopolano, dinamiche a cui è difficile trovare una soluzione, la tecnologia, la vicinanza a realtà limitrofe raggiungibili con l’auto in poco più di mezz’ora, come Cassino, offrono a chi può spendere opportunità eterogenee e di livello. Basta farsi un giretto di domenica, per comprendere di cosa parliamo, tanta gente per strada, negozi aperti, mercatini ed eventi nelle vie principali.
La presenza di ben tre centri commerciali a distanza di dieci minuti uno dall’altro, insomma, una realtà che schiaccia la nostra Isernia e la rende poco appetibile per quello che rimane.
Poi la turistica Castel Di Sangro raggiungibile in 20 minuti dal capoluogo pentro, si può solo imitarla, negozi aperti, grandi affari con i turisti e gli amanti dello sci e della montagna, sia d’inverno che d’estate; eventi, bar pieni e pub gremiti di gente, giovani e famiglie, romani e napoletani. Tanti isernini preferiscono raggiungere la cittadina sangrina per passeggiare e fare shopping, oramai da anni evitano anche il passeggio su Corso Garibaldi nella loro città, dove è rimasto solo lo spettro dello struscio degli anni 80. A parte la rimembranza di un ventennio fa, dove esistevano le filiere produttive che davano quel minimo di ricchezza alle famiglie, oggi Isernia è lo spettro di se stessa, con la povertà del ceto medio aumentata a dismisura; una Caritas Diocesana che non riesce a far fronte alle richieste di aiuto di quelle famiglie che vivevano egregiamente di un reddito sicuro nel passato.
Vi è la necessità di invertire questa tendenza, bisognerebbe credere nelle risorse turistiche che pure abbiamo, i dati nazionali sono chiari, in Italia dall’industria oramai fallimentare, la principale fonte di ricchezza è l’incoming turistico in forte crescita, tranne da noi. Se non si creano attrattive valide e si punta su un qualcosa di duraturo, come potrebbe essere anche un polo universitario degno di questo nome, che possa insistere all’interno della città come Siena, Perugia, Urbino , non resta altro che leccarsi le ferite e assistere impotenti alla lenta ed inesorabile dipartita della nostra Isernia.