Intervento del Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Vincenzo Cimino, sul malcelato tentativo di privare la nostra testata del diritto di cronaca e di critica da parte di un consigliere comunale di Isernia, in riferimento all’articolo: “Strada del cimitero speriamo che non ci scappi il morto”, che portava all’attenzione la pericolosità di questa via per i pedoni e l’incuria dell’amministrazione comunale da otto mesi dal primo articolo di segnalazione, ancora senza interventi.

Gentile direttore,

mi sia consentito di bussare un attimo all’uscio del suo portale, al fine di offrire un contributo ai suoi lettori.

Lo ritengo utile dopo aver letto un post di un consigliere comunale eletto per opera dello Spirito santo, di San Giacomo d’Apollonio e Santa Surroga. Con un exploit di 160 voti, questo tizio ha inteso esercitare un diritto di critica su di un articolo.

Ebbene, questo amministratore, al posto di ringraziare un onesto operatore dell’informazione per una segnalazione precisa, supportata da immagini, coerente, pulita e non diffamatoria, si è aperto a considerazioni circa il nostro lavoro, adducendo argomentazioni che, mi sia consentito, non solo fanno ridere i polli, ma che mi lasciano sbigottito perché convinto di parlare ad un politico seppur di modesta entità.

Allora perché replicare? Come consigliere dell’Ordine e garante della categoria, ho l’obbligo di difendere i colleghi minacciati e derisi da gente, che seppur rappresentando la cosa pubblica, pare non abbiano mai sfogliato un giornale.

Siamo veramente all’abc del rapporto tra stampa e potere locale. In vent’anni di professione, ho sempre scritto liberamente esercitando le garanzie costituzionali, appropriandomi del diritto- dovere di cronaca, dell’indispensabile ma facoltativa prerogativa che noi giornalisti abbiamo: il diritto di critica e la eventuale satira.

Evidentemente il “Principe del Foro”, trascura le sentenze della Cassazione, oltre che la giurisprudenza ordinistica. Secondo il personaggio in questione, noi giornalisti, prima di scrivere su di un palo a terra, di un tombino rotto, di rifiuti per strada, di buche, di illuminazione scadente, dovremmo chiedere se la Giunta lo sa, se il sindaco ne è al corrente, vale a dire trasformarci in spie o passacarte dei politici.

Cerchiamo di capire: ho un’inchiesta scottante e cosa dovrei fare? Chiedere il permesso alla politica per pubblicarla? Ma parliamo della Corea del Nord o del Molise?

Un giornalista vede, si documenta e scrive. E ci mancherebbe pure che dobbiamo chiedere il permesso per scrivere! Chiudo con parole non mie, in modo da aprile la mente a questi dilettanti.

Il diritto di critica, indubbiamente riconosciuto a ciascun cittadino in base all’art. 21 della Costituzione, non può oltrepassare limiti ben precisi costituiti dal rispetto della verità e dell’interesse pubblico.

In particolare il diritto di critica, che si concretizza nella manifestazione di opinioni, può anche non essere obiettivo, ma deve pur sempre corrispondere all’interesse sociale alla comunicazione e a quello della correttezza del linguaggio, senza mai sfociare in ingiurie, contumelie ed offese gratuite e senza mai trascendere in attacchi personali diretti a colpire sul piano individuale la figura del soggetto criticato (Cass. sez. 5^, n. 748/1999; Cass. sez. 5^, n. 5071/1986; Cass. sez. 5^, 21.02.1995).

Affinché sia riconosciuta la scriminante dell’art. 51 c.p. non si richiede che la critica, a differenza della cronaca, sia formulata con riferimento a precisi dati fattuali, purché il nucleo ed il profilo essenziale di essi non siano stati strumentalmente travisati e manipolati. Proprio perché la critica si risolve nella manifestazione di giudizi ed apprezzamenti, piuttosto che nell’esposizione di fatti oggettivi, il limite della verità è quello che resta maggiormente compresso, sottraendosi alla verifica circa l’assoluta obiettività delle circostanze segnalate.

E ciò in quanto la facoltà di critica è, per sua natura, parziale, ideologicamente orientata e tesa ad evidenziare proprio quegli aspetti o quelle concezioni del soggetto criticato che si reputano deplorevoli e che si intende stigmatizzare e censurare, fermi, però, sempre i confini di liceità prima indicati (Cass. penale, sez. V, 01.07.2005, n. 29509).

Mentre il giudizio critico su un fatto, inteso in senso ampio è necessariamente soggettivo e può essere come tale condiviso o meno dai consociati, il fatto, presupposto ed oggetto della critica, deve corrispondere alla verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive, come nell’esercizio del diritto di cronaca (Cass. civile, sez. III, 04 luglio 2006, n. 15270).

L’articolo 2 della legge professionale riconosce che “è diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà di informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede”.

Il tribunale di Roma da questo principio ha tratto il corollario che “è dovere insopprimibile del giornalista, anche se collegato ad organi di stampa di partiti politici, esercitare con assoluta correttezza il diritto di cronaca”.

E’ dovere primario ed insopprimibile del giornalista, anche se collegato ad organi di stampa di partiti politici, esercitare con assoluta correttezza il diritto di cronaca, nel senso di riportare le notizie in maniera assolutamente fedele, spogliandosi, in tale fase, della propensione verso determinate ideologie, di qualunque natura siano; al giornalista è consentito soltanto nella fase in cui proceda a commentare la notizia, esercitando il diritto di critica, d’esprimere le proprie convinzioni personali, in forma anche polemica ed aspra, purché non venga offesa la reputazione altrui (nella specie: è stato ritenuto diffamatorio un articolo nel quale il giornalista riferiva opinioni critiche e lesive della reputazione relative all’atteggiamento del partito radicale nel dibattito sul referendum abrogativo della l. n. 194 del 1978). (Trib. Roma 27-02-1982; Sica; FONTI Giur. It., 1983, II, 140).

Il corretto esercizio del diritto di cronaca è fondamentale e deve essere inderogabilmente salvaguardato al fine di garantire lo sviluppo democratico della società; se l’informazione giornalistica è corretta, il lettore è in grado di formarsi convincimenti personali e quindi di valutare l’esattezza del commento; in caso contrario, le sue opinioni si fonderanno su premesse false e quindi finirà con il formarsi opinioni a loro volta false; tale dovere primario e insopprimibile è a carico anche del giornalista dipendente di organi di stampa ufficiali di partiti tenuto egualmente a fornire informazioni assolutamente corrette, cioè vere e complete; solo nella fase successiva del commento possono essere espresse le proprie convinzioni personali, anche in forma polemica ed aspra. (Trib. Roma 13-02-1982; De Rosas; FONTI Giur. di Merito, 1982, 1244 nota di Zeno-Zencovich).

 

Prof. Vincenzo Cimino

Cons. naz. Odg