di Pietro Tonti
Una giornata che rimarrà negli annali della storia, scritta con il sangue e con il sacrificio di una ragazza dai valori e dall’eredità importante. Maria Centracchio è l’eroina del Molise, la prima persona di questa piccola terra ad aver conquistato una medaglia olimpica, un bronzo che pesa più dell’oro.
Oltre ai giusti festeggiamenti, all’emozione di una vittoria non scontata; ai commenti positivi e a tutte le attenzioni sulla famiglia Centracchio e su Maria, non bisogna dimenticare che il successo di oggi non è arrivato per caso. Bernardo Centracchio il papà di Maria, suo primo allenatore, l’ha forgiata come una excalibur nella sua palestra, in sinergia con sua moglie, l’inseparabile Signora Silvia Caruso, anche lei in gioventù judoka di fama internazionale. Una famiglia votata a questa disciplina, non fatta solo di allenamenti massacranti, ma di vita quasi monastica, tra studio e Tatami. Il traguardo ambito e realizzato in questa giornata meravigliosa è il frutto di oltre 40 anni di judo di una delle scuole più blasonate d’Italia e d’Europa che insiste nella piccola città del Molise, questa Isernia che spesso si ignora dove sia.
Eppure, nell’ambiente internazionale del Judo da decenni tutti conoscono Bernardo Centracchio Docente di Educazione Fisica, Maestro di Judo VI Dan, Consigliere nazionale della Federazione Judoka FIJLAKM italiana e i suoi figli, tutti atleti judoka di livello internazionale come Emiddio il primo a varcare la notorietà internazionale e Luigi Centracchio il numero 1 della classifica mondiale IJF per cadetti U60kg nel 2018. Ha conquistato la medaglia d’oro ai Cadetti della Coppa dei Campioni a Teplice nel 2019. Ha conquistato una medaglia d’argento ai Campionati europei cadetti di Varsavia e ha vinto la medaglia d’oro all’EYOF di Baku nel 2019.
Non ci stupiremmo, se tra 4 anni sul tatami di Parigi 2024 ci saranno due Centracchio a rappresentare l’Italia.
Qui oggi si festeggiano diverse generazioni di atleti, da chi si è allenato nella palestra di Bernardo negli ultimi 48 anni, elencarli tutti sarebbe da scervellarsi – come afferma il Maestro Bernardo – solo come cultore della filosofia Giapponese dettata dal Judo, un’arte marziale, uno sport nato nel 1882, diventato ufficialmente disciplina olimpica nel 1964, a Tokyo.
Il judo, considerato una filosofia giapponese, è una disciplina per la formazione dell’individuo dal punto di vista morale e caratteriale.
Quale più grande soddisfazione per un atleta di questa disciplina, vincere una medaglia olimpica da un piccolo centro dell’Italia meridionale, nella patria dello Judo, proprio a Tokio?
Una vittoria di Maria che ha anche questo aspetto fondamentale oltre alla medaglia in se, un significato straordinario e peculiare per l’intero judo italiano.
E’ nella giornata memorabile dei festeggiamenti che al pensiero non si può sottacere la visione dei super pagati calciatori o cestisti, quel paragone di compensi assolutamente impari, tra i milioni di euro di un giocatore di football e un atleta del calibro di Maria, sotto la luce dei riflettori solo se si conquista la vetta del mondo e l’unica fonte di sostentamento quella di accedere per meriti sportivi tra una delle diverse “fiamme” italiane.
Poi ritorna l’oblio e i sacrifici inenarrabili, prima di un’altra competizione mondiale. La vittoria di Maria Centracchio è la vittoria dello sport minore, quello in sordina, ma vero, lontano dalle speculazioni e dal vile denaro delle scommesse.
In sintesi lo sport come dovrebbe essere nell’immaginario collettivo. Oggi, senza togliere nulla a nessuno, grazie a Bernardo, Silvia, Maria e Luigi si consacra la città di Isernia, l’intero Molise, il luogo dell’anima dello sport, quello vero che merita attenzioni, troppo spesso ignorate dalle stesse istituzioni.