Mancano poche ore -avverrà venerdì 8 settembre nella Chiesa di S. Giuseppe Lavoratore ad Isernia- all’elevazione al soglio episcopale della Diocesi di Trivento di Mons. Claudio Palumbo, 52 anni originario di Venafro, ed appare interessante far conoscere il suo pensiero teologico risalente a dieci anni orsono, esattamente quando Mons. Palumbo – all’epoca docente di Storia della Chiesa presso il Pontificio Seminario Regionale Abruzzese/Molisano di Chieti – firmò la presentazione a “Padre Pio ed Eligio Atella, giovani amici del novecento”, testo pubblicato nel 2007 da Tonino Atella.

Nel lavoro editoriale di Atella si parla della spontanea e bella amicizia sorta nel 2011 nel Convento Francescano di Venafro tra l’allora 24enne P. Pio, costretto a letto nella propria celletta date le sue incerte condizioni di salute, ed il sarto e sagrestano venafrano Eligio Atella, 23 anni, che più volte andò ad intrattenersi col Frate del Gargano in convento dopo averlo conosciuto in occasioni delle sue confessioni presso la Chiesa di S. Antuono nel centro storico di Venafro, nel corso della sua breve permanenza (40 giorni) a Venafro. Di tale lavoro Mons. Palumbo su invito dell’autore accettò di firmare la presentazione, di cui si pubblicano di seguito interessanti stralci che testimoniano la profondità del pensiero del prossimo Vescovo triventino : “Con questa pubblicazione -inizia Mons. Palumbo- l’autore ha il merito di rendere il grande Stigmatizzato del Gargano familiare ad ogni venafrano come anche a tutti coloro che verranno nel Convento di San Nicandro a fare memoria di Padre Pio nel luogo ove questi trascorse oltre quaranta giorni dal 23 ottobre al 7 dicembre 1911.

Il messaggio dei SS. Martiri Nicandro, Marciano e Daria, autenticato con l’effusione del sangue sotto l’imperatore Diocleziano, e quello di Padre Pio si raccordano, nonostante il divario temporale, nell’attualità della testimonianza cristiana e dell’annuncio del Cristo Risorto, unico salvatore dell’uomo. La memoria cristiana nel Convento venafrano dei PP. Cappuccini diviene presenza di fede, di speranza e di carità e l’uomo ritrova così la sua dimensione più vera e più profonda sentendosi parte non secondaria di un grande disegno di Amore che parte dalla mente di Dio per tutto realizzare in Cristo. E’ stata questa la via che ha condotto Eligio Atella all’amicizia, all’intesa con San Pio. L’amore a Cristo, l’amore alla Chiesa è stato il cemento che ha legato i due in amicizia profonda e duratura, certamente non commensurabile alla brevità del tempo materiale della loro frequentazione. Il filo diretto che legava i due con Dio, a livelli di modalità pur diversi, ha funzionato anche da invisibile cavo di collegamento tra i due e naturalmente con tutte le anime pie in quel grandioso scambio di beni spirituali che va sotto il nome di “Comunione dei Santi” e che la Chiesa professa come verità di fede. Vivere con Dio in dimensione domestica è preludio e al tempo stesso risultato di una fede operosa, di una speranza viva e di una carità ardente”. Il prosieguo di quanto scriveva dieci anni orsono Mons. Palumbo : “Anche la nostra epoca, come e più di ogni altra, richiede un tipo di santo che abbia lo spirito di profezia e che compia un’opera costruttiva come quelle di San Pio da Pietrelcina nel grande, e di Eligio Atella nel suo piccolo.

Di un santo che sia un fedele fondato sulla roccia, ma che accetti di vivere giorno per giorno in condizioni precarie, di un amico che abbia per i suoi contemporanei una “simpatia” senza limiti e finzioni ; di un convinto che non volga indietro lo sguardo e tuttavia mai cessi di cercare umilmente quale infaticabile ricercatore di Verità ; di un adoratore forsennato e felice di Dio, che al tempo stesso ponga un tale amore senza complessi ai piedi dei poveri ; di un mistico radicale che rischi di perdersi nell’abisso dell’amore divino sotto forma o di una orazione ardente o di un servizio tenace e divorante senza abbandonare Dio per un istante ; di un impaziente dell’avvento del regno di Dio, che però non si allontani da una grande dolcezza e da una inalterabile pace ; di un costruttore intrepido di comunità e di comunione, ma al tempo stesso dichiarato amico della solitudine silenziosa ; di un autentico figlio della Chiesa ; di un missionario dalle grandi vedute ; di un tormentato dall’Amore che voglia far conoscere con tutti i mezzi senza che tale tormento sfoci in amarezza o tristezza ; cose, queste ultime, che non appartengono a Dio e ai suoi.

In una parola di uno che ponga interamente e fiduciosamente tutta la sua umanità nelle mani di Dio per vivere ogni giorno la realtà della creazione nuova. Se il lettore, chiunque esso sia, riceverà dalle pagine di Tonino Atella simili spirituali consolazioni e provocazioni, potrà allora partire dal Convento di Venafro con in mano questo piccolo “vademecum” di vita e storia cristiana, e la gioia di aver imboccato la strada giusta, quella che conduce alla vita”.