di Pietro Tonti

Il giovane molisano di cui ieri abbiamo pubblicato la sua storia, il quale dopo l’esperienza della partita Iva è stato costretto a chiudere e a scappare in Germania per riparare ai debiti contratti con il fisco e con il padre che gli aveva elargito la liquidazione pensionistica, somma necessaria per inaugurare l’attività commerciale, ha scoperto il vaso di Pandora della fuga da “Alcatraz Molise” dei giovani verso l’estero.

Tante mamme e genitori si sono riconosciuti nell’esternazione di questo 24enne che racconta la sua storia e consiglia agli altri di andarsene da questa regione, dall’Italia, non più in grado di sostenere i sogni dei giovani.

Come dargli torto? Basterebbe poco in una regione come il Molise per creare le condizioni per fare impresa, per permettere ai ragazzi di credere nella loro idee, nella loro terra e progredire, mettendo su famiglia, evitando lo strazio quotidiano di figli sempre più lontani e genitori soli con case vuote e sentimenti straziati dalla lontananza.

 

 

Basterebbe portare la tassazione al 25%, con una zona franca per 10 anni e il problema si risolverebbe, senza misure economiche di facciata, regionali o europee che esse siano. A cosa vale il fondo perso se poi lo Stato pone una tassazione tra diretta e indiretta dell’80% ai cittadini? A niente.

Tutti più o meno saranno costretti a chiudere i battenti, a mettere in ginocchio famiglie e indebitarsi con il fisco per decenni, alimentando disoccupazione e favorendo l’unica alternativa sostenibile, fuggire all’estero per svolgere anche lavori umili, rispetto al grado di istruzione dei singoli, ma garantiti da uno stipendio certo e da un sistema che funziona, offre diritti e doveri, quelli che da noi mancano.

Un sistema colabrodo il nostro che alimenta la precarietà, per imprenditori alla canna del gas per la crisi che più delle commesse è fiscale, imposta dall’alto  che mina irrimediabilmente la sopravvivenza, anche di quelle attività storiche che sono oramai indebitate anch’esse con lo Stato e i suoi titolari hanno immobili e ville pignorate.

Come può in questo contesto un giovane, restare e un imprenditore garantire uno stipendio equo ai dipendenti? Non si può, non ci sono le premesse.

Oltre ai 78 adempimenti fiscali, ai controlli serrati dei preposti, pronti a multare chi produce reddito, vi è la popolazione senza lavoro, cassa integrati e senza prospettive per il futuro che non spendono, riducono le spese mensili al massimo, con la ricaduto negativa su tutte le attività artigianali e commerciali che hanno bisogno della loro linfa per sopravvivere.

La testimonianza delle saracinesche chiuse in ogni centro del Molise è eloquente dello stato di disperazione in cui è ridotta la popolazione, la motivazione, non va ricercata nella crisi, quella è ovunque in Italia, ma meno sentita di una regione come il Molise, sempre fanalino di coda in tutto.

La questione dello sviluppo del Molise risiede nell’incapacità di richiedere al Governo una zona franca; un taglio alle aliquote Iva e Irpef e una riduzione della burocrazia, che permetterebbero alla regione di crescere, di attrarre le piccole e medie imprese.

Un altro grave problema è la scarsa rilevanza politica e industriale del Molise, la vera criticità di cui si chiede a gran voce risoluzione, ma è anche la causa dello scarso interesse del Governo verso l’attuazione di soluzioni efficaci che diano la possibilità a tutti di fare impresa.

Come uscirne? E’ un circolo vizioso che potrà essere risolto solo con il supporto di manovre politiche ed economiche realmente coraggiose e, per una volta, elettoralmente disinteressate. Sarà la prossima la volta buona?