di Pietro Tonti

La notizia diffusa in questi giorni, la quale cataloga il Molise al primo posto tra le regioni italiane per il rapporto più alto tra presenze di migranti accolti e cittadini residenti,( Rapporto sulla Protezione Internazionale in Italia 2017)  è un vanto, o una debacle generale, dovuta alla povertà latente dei molisani e alle speculazioni di pochi addetti ai lavori ammanigliati con la politica?

Questa seconda ipotesi è quella che domina sul web e coinvolge con invettive, imprecazioni e termini non riportabili dal cronista, per una terra che appare svenduta agli immigrati.

Paragonando l’isola felice Molise degli anni 70/80 ad oggi, vi è un abisso incolmabile. Siamo precipitati nella palude della disoccupazione, della chiusura di aziende e filiere che promettevano un terzo millennio roseo per tutti. La risultanza di un “day after tomorrow” pari solo ad una guerra nucleare, a cui i postumi sono oggi visibili nella fuga dei giovani cervelli e delle manovalanze all’estero per sopravvivenza, hanno catapultato questa terra agli inizi del 900.

Non è certamente lodevole, ma il corso e ricorso storico di Gianbattista Vico, è più che mai veritiero in ambito molisano. Dalla povertà, abbiamo assistito ad un secondo novecento di aspettative di crescita, di battesimo a ruolo di regione nel 1963, nella scacchiera Italia; al precipizio della crisi e di nuovo la povertà.

Un fattore di proporzionalità di una equazione tutta molisana, in cui giocano ruoli fondamentali povertà e aspettative, alternate ad un breve periodo illusorio di ricchezza. Quella ricchezza effimera che sta pervadendo in questo momento solo pochi facinorosi sfruttatori delle leggi pro immigrazione, mentre tutto soccombe in tassazioni improponibili e povertà assoluta.

Paragone calzante, per la proporzione della presenza immigrati e il numero di abitanti, possiamo proporlo tra la ventesima regione e la Valle D’Aosta. La nostra pullula di immigrati, la seconda non ne ha richiesti – tranne un numero tanto esiguo che appare insignificante – ma la Valle D’Aosta fonda la sua economia sul turismo e gli albergatori sono ben lontani dal trasformarsi in speculatori di basso profilo, pro immigrati per fare affari, anzi, vedono il problema profughi come ostativo allo sviluppo turistico: come dargli torto?

Il Molise del ritorno alla povertà, non si ribella, manca l’amor proprio, ma soprattutto non si crede più ad un futuribile sviluppo di una filiera turistica capace di far ritornare i piccoli alberghi di periferia ai vecchi redditi degli anni 80/90.

Le zone interne, con albergatori ridotti in disgrazia per le scarse presenze, sempre più ridotte, hanno trovato la manna del Governo per rimpinguare con le 40 euro al giorno pro immigrato, i debiti contratti con le banche ed evitare la catastrofe del fallimento. Anche in questo caso: Come dargli torto?

Per decenni si è parlato di turismo e chi ha investito in questo settore ora è ridotto sul lastrico, tranne chi è collocato nell’area di Termoli e per poche realtà – eccezioni che confermano la regola –  per il resto si vive di stenti o si chiude.

Questo primato di presenza profuga, non cela una particolare propensione all’ospitalità dei molisani, quanto manifesta la povertà latente di una popolazione che si arrampica sugli specchi per sopravvivere. In assenza di altre fonti di reddito sostenibile, la ghiotta occasione dell’elargizione ministeriale alle cooperative di albergatori, ai piccoli comuni del sussidio quotidiano agli immigrati, è una delle poche risorse appetibili degli ultimi anni, prova ne sono le centinaia di domande presentate nelle prefetture molisane per rispondere ai bandi per l’accoglienza dei profughi e rifugiati.

Si tratta solo di ricchezza temporanea, effimera custode della disperazione dei molisani.