Erika e Omar: una strage senza pietà
E’ il 21 Febbraio del 2001. A Novi Ligure. Una cittadina che da quel giorno diverrà evocatrice di una delle tragedie più disumane immaginabili. 120 coltellate, quelle che finiscono con una furia cieca Susy Cassini 41 anni, contabile e il piccolo Gianluca di soli 11 anni. A ucciderli la figlia di Susy, sorella di Gianluca: Erika De Nardo di sedici anni, coadiuvata dal fidanzato diciassettenne Mauro Favaro, detto “Omar” . Una mattanza di inaudita ferocia. Premeditata, ben pianificata. Alle 19.20 i due killer si appostano al buio nella villetta dei De Nardo, in attesa del rientro della madre e del fratellino di Erika. Ognuno di loro è armato di un coltello da cucina. Erika aveva già deciso tutto, racconta Omar agli inquirenti: “Appena si apriva la porta dovevamo colpirli. Da come me l’aveva spiegato lei pensavo fosse una cosa semplice”. Nel bagno entra Susy Cassini: “M’ha riconosciuto anche a luce spenta – prosegue il ragazzo – Io non l’ho colpita, ho spinto la porta e Erika l’ha colpita. Quando ho riaperto la porta ho visto che Erika e sua madre erano una sopra l’altra. Visto che io non ero stato capace di colpirla per primo, lei l’ha colpita. Ho visto Erika in difficoltà. Sentivo la sua voce che diceva Colpiscila, colpiscila…..La madre gridava: Erika cosa fai?, Erika ti perdono, ma Erika continuava a colpirla gridando: Muori, muori…. “ Parimenti agghiacciante la sorte del piccolo fratello di Erika. “Erika è venuta su, ha aperto la vasca e ha detto: Adesso lo anneghiamo. Io l’ho preso per le braccia e lei per i piedi. Forse non ce la faceva a colpirlo, però alla fine l’ha ucciso colpendolo. Lui era molto forte. Erika perché mi fai questo? Piangeva, gridava: Lasciatemi stare”.
E ancora: “Quando ormai era coricato nella vasca, lei mi ha detto:Colpiscilo. Io ho chiuso gli occhi e ho colpito; tenevo il coltello molle e mi sono ferito. Lei mi ha messo un cerotto. A quel punto ho detto: Adesso me ne vado.Come, te ne vai e mio padre non lo uccidiamo? Mi lasci qui?. Le ho risposto: Se vuoi farlo uccidilo te da sola. Io me ne vado. Io non ce la faccio piu. Lei era arrabbiata con me. E’ venuta giù e ha messo tutto in un sacchetto, i coltelli, le calze e altre cose. Poi lei ha buttato giù i soprammobili, ha buttato giù delle altre bottiglie”.
Il racconto si conclude: “Sono uscito cinque minuti prima delle nove. Erika gridava: Hanno ucciso i miei genitori. Sono stati gli albanesi.” Quello realizzato da Erika, coadiuvata da Omar, è un family mass muderer. Ciò che caratterizza il delitto non è tanto il numero di persone, ma l’intento di effettuare una strage quale esito, in questo caso, di una ribellione esplosiva, conseguente alla avvertita oppressione della propria individualità. Si tratta di un «Domestic Homicide» (Crime Classification Manual), nello specifico un Staged domestic homicide (omicidio premeditato con lucida pianificazione). I family mass muderers, soprattutto italiani, si contraddistinguono per la tipologia di modalità esecutive. In questo caso, armi bianche, il cui contatto fisico rivela la chiara «passionalità» del gesto, la rabbia e l’impulsività dell’atto omicidiario. In questo caso parliamo di family mass muderer strumentali che uccidono ad es. per conseguire libertà e profitti economici, e che premeditano la strage ricorrendo a falsi alibi, depistaggi, menzogne. Gli assassini «strumentali» hanno l’obiettivo di ricavare soddisfazioni materiali concrete dalla commissione della strage (impossessarsi anzitempo dell’eredità, usufruire di beni al momento loro proibiti, liberarsi da un controllo asfittico dei genitori). Gli elementi chiave sono premeditazione della strage e depistaggio delle indagini. Non si costituiscono, rarissimo il suicidio, soprattutto se adolescenti, perché solitamente ancora non elaborano senso di colpa e gravità dell’azione reato. Alla cattura, si dichiarano innocenti, almeno all’inizio, per poi crollare e raccontare tutto con lucidità priva di emozioni. Tale categoria è composta prevalentemente da figli che uccidono i genitori e l’età media è molto bassa (adolescenza). L’ omicida di tipo strumentale e finalistico quindi commette la strage con scopo ben definito. Il caso de Nardo rientra nella sottocategoria degli Emancipatari in cerca di libertà in cui dinamiche familiari apparentemente sane in realtà nascondono patologie comunicative e relazionali significativamente disturbate. Figli che si percepiscono “oppressi” da genitori che gli impedirebbero di crescere ed evolversi come vorrebbero. Gli emancipatari mirano a liberarsi da tale predominio: uccidere per loro significa sopravvivere . La morte dei genitori è ricercata come l’unica alternativa alla loro percepita fine (mors tua vita mea). Erika De Nardo si voleva liberare del controllo materno, della madre che le impediva di fare la vita che voleva, che percepiva come il grande controllore morale, critica nei confronti del suo comportamento. I muss merderers adolescenti si caratterizzano per una bassa soglia di tolleranza alle frustrazioni, incapacità di contenere la loro ostilità distruttiva, possono apparire timidi, sottomessi e talvolta assenti. È presente una forte necessità di autoaffermazione, nonché una concezione ludica dell’atto omicida come rivalsa e narcisistica autoaffermazione (esito di una non adeguata evoluzione della coscienza morale e sociale). Possono essere ossessionati dalla cultura popolare violenta dei mass media e dalla conseguente attività aggressivo omicidiaria per imitazione. Non compaiono atteggiamenti depressivi. E’ da sottolineare come in questo caso di cronaca ad agire sia una coppia criminale, in cui colui che coadiuva è particolarmente soggiogato da un rapporto di dipendenza psichica suggestiva specifica. Il sodalizio criminale all’interno di una coppia di amanti infatti è ben noto nella letteratura scientifica. La dipendenza psicologica ed il processo di contagio psichico della suggestione, unitamente all’aspetto della sessualità, sono fattori incisivi per determinare la formazione di un legame così forte da varcare con semplicità la soglia dell’illecito penale. La coppia criminale è caratterizzata da un legame profondo ed indissolubile, in cui la modalità relazionale è incentrata sulla dipendenza che spinge un individuo a legarsi morbosamente ad un altro sino a farlo dipendere da esso o viceversa sino a dipendere da esso. La presenza dell’elemento sessuale che qualifica la coppia di amanti sancisce la potenza della dipendenza in quanto arma potentissima di persuasione e suggestione che incide notevolmente sulla relazione. Le modalità di concretizzazione delle fasi del ciclo di vita individuale e della famiglia rappresentano il fulcro di significato per rintracciare le motivazioni del tipo di legame disfunzionale di coppia, nonché della scelta dell’atto omicidiario.
Dott.ssa Francesca Capozza
Criminologa