di Christian Ciarlante
Sì all’accoglienza stabilendo delle quote, ma l’immigrazione non risolve la crisi demografica. Chi afferma che solo con gli immigrati si possono risolvere i problemi demografici, commette un grande errore. Se poi a sostenerlo è un ministro dell’economia, come è accaduto in questi anni, c’è davvero da preoccuparsi.
Questo dimostra che le politiche economiche italiane sono un totale fallimento; se la strada più semplice per risolvere i problemi è l’immigrazione incontrollata, per l’Italia si prevede un futuro a tinte fosche. Non possiamo contare solo sui migranti per garantire le pensioni alle future generazioni. Boeri (presidente Inps) si metta l’anima in pace e se ne faccia una ragione. Se il 35% dei giovani disoccupati avesse un posto di lavoro, oggi non ci troveremmo in queste condizioni.
L’incremento demografico dovrebbe, innanzitutto, partire dalle famiglie italiane incentivate da riforme strutturali che permettano ai futuri genitori di non pensare ad un figlio come ad un lusso. Non c’è da stupirsi se nel nostro Paese la natalità sfiora in maniera preoccupante lo zero. Dare sostegno alle giovani coppie, creare occupazione stabile, debellare la precarietà del lavoro, abbassare le tasse, facilitare l’accesso ai mutui, rendere alle famiglie la vita più semplice: sarebbe un primo passo verso un cambiamento radicale che, con il tempo, darebbe i suoi frutti. Non possiamo permettere che 150mila giovani ogni anno abbandonino l’Italia per crearsi un futuro all’estero.
I giovani italiani sono sottopagati, sfruttati e non gli viene riconosciuto alcun merito. Difficile fare carriera nel nostro Paese, difficile ottenere dei ruoli di responsabilità a 25 anni; chi ha le potenzialità e a voglia di emergere, viene quasi sempre ostacolato. Siamo anni luce indietro rispetto agli altri Paesi europei; per questo, non possiamo condannare chi decide di emigrare e portare le proprie competenze altrove. Fare impresa in Italia rende folli, e nei casi più estremi, mette a rischio la salute, se non la vita.
Burocrazia fuori controllo e tasse alle stelle mettono in ginocchio tanti imprenditori italiani o stranieri che siano. Ieri l’ultimo suicidio di un imprenditore che non riusciva più a pagare gli stipendi ai suoi dipendenti. Non meravigliamoci se poi sentiamo parlare di delocalizzazione. Anche chi vuole fare impresa è costretto ad andare via. Possiamo dargli torto? Assolutamente no!
Torniamo al nostro piccolo Molise e allo spopolamento che stiamo subendo a causa delle politiche scellerate portate avanti negli ultimi 20-25 anni. Per quale motivo dovremmo stupirci se tra 50 anni ci saranno 80mila molisani in meno? Questa è la previsione contenuta nel “Rapporto Svimez sull’Economia del Mezzogiorno“. La forte ripresa dell’emigrazione e il calo delle nascite sono alla base dello spopolamento della regione.
Povertà e mancanza di prospettive hanno messo ancora di più in crisi un tessuto economico-sociale già claudicante di per se. I molisani sono destinati all’estinzione? Ci auguriamo di no! Ricordiamoci che nel mondo sono sparsi più di un milione di nostri corregionali. Se si pensa di evitare la “bancarotta demografica” aprendo le porte ai migranti, ci si sbaglia di grosso. Possono anche rappresentare una risorsa vitale per il territorio molisano, ma non sono la soluzione. Non è che possiamo riempire i paesini di richiedenti asilo per evitarne la scomparsa.
Siamo in grado di avviare queste persone a percorsi formativi e lavorativi in una terra che, al momento, non ha nulla da offrire? Un Molise a rischio desertificazione umana e industriale, dove si continua a emigrare e a non fare figli. Un regione dove la popolazione continua a impoverirsi, con un aumento significativo di famiglie povere nell’ultimo anno, perché manca il lavoro. I giovani molisani diplomati e laureati entrano, sempre più tardi, sul mercato del lavoro e quasi mai riescono ad avere risposte utili o soddisfacenti.
I migranti dovrebbero essere persone da aiutare, non una fonte di guadagno. Un numero cospicuo di immigranti serve solo per alimentare un sistema marcio che tale deve rimanere per continuare ad affamare un’intera regione. Chi parla di sviluppo e crescita senza voler cambiare le politiche sociali ed economiche, sfruttando dei poveri disperati per mero interesse economico, dimostra di non avere una visione di Molise, di non avere progetti e di non avere a cuore la nostra terra.
Il Molise ha le risorse per potersi risollevare e fermare l’emorragia dovuta allo spopolamento, a prescindere dagli immigrati. La politica si assuma le sue responsabilità e metta in campo misure per rimettere in piedi una regione allo sbando, dandogli così una speranza per il futuro.