di Pietro Tonti
Dai sindacati ai personaggi politici del presente e del passato, si stanno prodigano a stigmatizzare le dimissioni del Commissario Toma dal vertice della sanità molisana. Con la consapevolezza del modus operandi degli ultimi anni a tutti i livelli, dobbiamo ammettere che non vi è un solo personaggio che abbia fatto gli interessi della sanità pubblica fino a oggi per evitare il disastro attuale.
Da Monti con il decreto Balduzzi nel 2012,ricordiamo le promesse da marinai dei vertici regionali ai molisani pre elettorali, di continuare a far esistere l’ospedale di Venafro. Poi sappiamo come è andata a finire! Poi è toccato all’ospedale di Larino, oggi ai reparti dei nosocomi di Isernia e Termoli.
Eppure in 14 anni di commissariamento per il disavanzo milionario della sanità regionale, si poteva chiedere al Governo di intervenire in maniera decisa per azzerare il debito, ma nessuno ha avuto la forza di farlo, subendo da Roma le imposizioni e le riduzioni, chiusure di ospedali, di reparti e sempre meno garanzie dei livelli essenziali di assistenza per i cittadini molisani.
Giunti al tracollo totale della gestione sanitaria pubblica, come sta avvenendo, appare inopportuno e fuorviante addossare solo a Toma le colpe della devastazione in questo settore nevralgico che assorbe il 75% delle risorse regionali.
Nel corso degli anni si sono succeduti alla guida della regione, sinistra e destra, con i relativi parlamentari di ogni fazione ed emisfero politico, la risultanza è stata sempre la stessa, debiti, debiti, poi ancora debiti per i molisani e macchina sanitaria al tracollo costante, fino a giungere al parossismo attuale che se hai un problema di salute e devi rivolgerti al pronto soccorso, le cure diventano una roulette russa.
Si, certamente, la buona volontà del Presidente commissario Toma, qualche cosa avrebbe dovuto prevederla, per esempio di non catapultarsi nella gestione commissariale per forza, ponendosi dinanzi a un doppio ruolo inconciliabile. Forse ignorava il funzionamento dei tavoli ministeriali romani che considerano il Molise, l’ultima ruota del carro politico dell’Italia, con numeri risibili di rappresentanza. Forse Toma sperava di avere maggiore ascolto nelle istanze del Molise che rappresentava, invece si è ritrovato incastrato dai dettami ministeriali di rientro dal debito, da scelte strane per quanto riguarda le malattie tempo dipendenti, con eccellenze convenzionate private in regione, ignorate da un piano sanitario eufemisticamente inopportuno. Un quadro distopico rispetto a quella che dovrebbe essere la normalità di gestione di una sanità al servizio dei cittadini.
Questo doppio ruolo, era stato stigmatizzato in tempi non sospetti dal Segretario interregionale Abruzzo/Molise della CGIL Franco Spina, il quale asseriva: “il Presidente Toma deve fare una scelta, se seguire pedissequamente i dettami dei tavoli tecnici romani, oppure fare gli interessi dei molisani, sbattendo i pugni e pretendere una sanità pubblica di eccellenza come lo sono le strutture private in regione: i due ruoli sono inconciliabili”.
A distanza di qualche mese l’evidenza è emersa nella sua effimera sostanza, ponendo il Presidente Toma davanti a un bivio, con la scelta di gettare la spugna, pur sapendo di dare il fianco ad avversari politici anche dentro la sua stessa coalizione di centro destra.
Chi è senza peccato scagli la prima pietra. Prima di portare alla berlina Toma, bisognerebbe farsi un esame di coscienza, cosa si è fatto negli anni trascorsi per evitare lo stallo attuale?
E i nostri parlamentari Cesa e Lotito cosa hanno prodotto per ristabilire quel minimo di sicurezza nei nostri ospedali e garantire che la macchina possa funzionare? Nulla.
L’unica proposta che è giunta in Parlamento animata da Lotito è stata quella di dilazionare il debito sanitario molisano, spalmandolo in 30 anni, proposta bocciata, meno male, informiamo che tra gli ex presidenti Iorio e Frattura si sono contratti mutui trentennali per oltre 120 m/€.
Mentre il Molise risulta la regione più indebitata d’Italia: quasi 500 mln di disavanzo, con una sanità in rosso fisso.
Ricordiamo che la Corte dei Conti il 12 dicembre scorso, ha sospeso il giudizio di parificazione sul Rendiconto 2021 e i giudici si sono rivolti alla Corte Costituzionale, dopo aver rilevato una serie di criticità: ogni molisano ha un debito di 1.600 euro, “in crescita rispetto al 2020 e superiore agli altri cittadini delle regioni a statuto ordinario”. La sanità naturalmente con l’Asrem si è aggiudicata la pool position delle criticità.
Debiti che vengono da lontano, con colpe spalmabili, senza temi di smentita – su tutti i personaggi che a ogni titolo hanno solcato il portone di Via Genova e di Via 4 Novembre a Campobasso, sedi rispettivamente della Giunta e del Consiglio regionale negli ultimi anni.
A giugno si vota, stesse facce stessi propositi: stessi debiti!