di Enrico Santoro
A tre mesi dal 3 marzo 2020, giorno in cui – come mi auguro – si celebreranno i cinquant’anni dell’istituzione della Provincia di Isernia, mi tornano alla mente alcune date.
Il progetto di legge per l’istituzione della Provincia di Isernia, già approvato alla Camera, fu trasmesso al Senato e assegnato alla prima commissione il 19 dicembre 1969. Cominciò un lavoro delicato perché alcuni senatori erano interessati a rivedere tutta l’organizzazione degli enti locali. La cosa era preoccupante: significava ricominciare l’iter tutto da capo.
Chiesi di nuovo udienza al presidente Fanfani il quale fissò un appuntamento con il presidente della prima commissione, Alfonso Tesauro. Con lui discutemmo a lungo della particolarità della Regione Molise, unica regione a statuto ordinario ad avere una sola provincia. Vi era coincidenza territoriale tra Regione e Provincia: si verificava cioè che i due organismi – Consiglio regionale e Consiglio provinciale – avevano competenze identiche. In quella occasione, tra l’altro, ricordai che Aldo Moro, da presidente del Consiglio dei Ministri, in risposta al mio discorso tenuto in occasione della sua visita a Isernia, aveva affermato che «la coincidenza dei due enti – Regione e Provincia – può creare problemi di varia natura». Tesauro si convinse della eccezionalità del caso.
Il 21 gennaio 1970, con l’iscrizione della proposta all’ordine del giorno dei lavori della Commissione, Tesauro, oramai convinto della giustezza della nostra proposta, assegnò la relazione a se stesso. Fu il nostro relatore e ciò mi tranquillizzò molto.
Giovedì 22 gennaio, il presidente della Commissione Tesauro riferì sul disegno di legge che riguardava la Provincia di Isernia, chiese i pareri alle Commissioni competenti e, di seguito, l’autorizzazione per la discussione in sede deliberante.
Ciò provocò le proteste dei politici di altre città che aspiravano a diventare province ma intanto avevamo fatto un bel passo avanti. A nostro favore avevano giocato la simpatia del presidente Pertini per la nostra delegazione, che era stata ricevuta qualche tempo prima, e l’amicizia personale con Amintore Fanfani, presidente del Senato. Inoltre, sempre nello stesso periodo, chiesi un incontro con Aldo Moro, che era venuto, in veste di Presidente del Consiglio dei Ministri, in visita a Isernia qualche anno prima. Fui ricevuto e a lui riferii i passi avanti che avevamo fatto nell’iter che lui già conosceva. Il presidente Moro mi tranquillizzò sull’esito dell’iniziativa.
Nel ricordare queste date, nel rivivere questi stessi giorni di cinquant’anni fa, viene da pensare con nostalgia al fermento e all’entusiasmo di quei tempi. Eravamo convinti che il Molise, e l’Altomolise in particolar modo, avrebbero avuto ben altro futuro con l’istituzione della Provincia. Andammo avanti con questa speranza e unimmo, per questo obiettivo, tutte le forze a disposizione. Ciò che ottenemmo fu il risultato del lavoro di squadra, della capacità organizzativa del Comune di Isernia – che istituì nella sua sede una struttura a disposizione dei sindaci della provincia – e del lavoro di tutti i primi cittadini e delle loro amministrazioni. Fu uno sforzo comune e non di singole persone. Per un’intera consiliatura, per esempio, la maggioranza della mia giunta comprendeva tutte le forze politiche, dalla destra alla sinistra. Fu, forse, un caso unico in tutta la storia d’Italia. Questa unità di popolo e di forze politiche fu entusiasmante ed efficace per la realizzazione delle cose che volevamo.
Ci avviciniamo al 50° anniversario ricordando di come la città, che era uscita dai bombardamenti e dalla ricostruzione, arrivò a diventare provincia. L’effetto positivo di quanto ottenuto si avvertì in ogni settore: nel commercio, nell’istituzione di nuovi uffici a livello provinciale e in ogni ambito della vita quotidiana.
Quando fui sindaco, nel 1964, c’erano il Liceo Classico, il Magistrale, l’Avviamento professionale agricolo e le Scuole medie. Nel giro di pochi anni riuscimmo ad avere il Liceo Scientifico abbinato al Classico, Ragioneria e Geometri e l’Istituto d’Arte Statale, unico in Molise. Anche solo questo cambiamento non fu cosa da poco.
Intanto andavano concretizzandosi i progetti dei nuclei di industrializzazione e noi riuscimmo a convincere i decisori a spostare il progetto del nucleo Venafro-Sesto Campano verso Pozzilli, con Isernia e l’Altomolise più vicini.
Gli amministratori del tempo furono capaci di avvicinarsi agli imprenditori e a creare quelle realtà di carattere produttivo che erano molto importanti per lo sviluppo.
Oggi, tutto sembra essere stato abbandonato. Come se le cose non fossero più una ricchezza comune.
Un esempio? L’ente pubblico avrebbe dovuto continuare ad essere accanto alle aziende in crisi perché i posti di lavoro e l’indotto erano di tutti.
Un altro esempio? Nel settore della sanità pubblica, non è rimasto più niente di quanto avevamo realizzato. Oggi ci serviamo delle strutture dei centri vicini, anche lontano dai confini regionali.
E, ancora, cosa è rimasto del grande sforzo fatto per avere una sede universitaria a Isernia? E come è finito il progetto del Cnr di Pesche?
Lo spopolamento non è la causa di tutto ciò. Lo spopolamento è la conseguenza di tale distruzione. È difficile trovare un solo motivo per vivere nel nostro territorio. Per quale motivo bisognerebbe rimanere?
La nostra generazione ha goduto del lavoro fatto negli anni che stiamo raccontando. I nostri giovani, invece, stanno pagando e pagheranno le conseguenze di ciò che è stato fatto nel periodo successivo.
Nel 1989, in un incontro sul tema, prendemmo atto che l’emigrazione dei molisani verso l’estero o verso altre regioni si era fermata. I giovani avevano le possibilità e le occasioni di lavorare in Molise; università, ospedali, aziende davano speranza per un futuro da realizzare senza allontanarsi da casa. Oggi, i nostri figli e i nostri nipoti partono per Londra, Dublino, Milano…
La cosa che intristisce di più è che di queste cose non si parla. La discussione, invece, porta a cercare e trovare soluzioni. Si parla oggi della possibilità di nuove aziende? Si parla oggi di Università? Si parla oggi dei servizi sanitari da portare nelle case delle persone che sono sempre più anziane?
La realtà della Provincia di Isernia, una realtà che si era affermata, è stata completamente annullata da un ventennio di superficialità e di incapacità. Di sicuro la crisi mondiale ha contribuito allo spopolamento e al degrado economico ma non ricordo una sola idea, anche sbagliata, proposta negli ultimi venti anni per migliorare la situazione.
La condizione è talmente grave che non vedo i motivi per festeggiare. Potrei provare allegria e compiacimento solo se vedessi di nuovo l’entusiasmo, il coinvolgimento e la voglia di lavorare insieme, per il bene comune, degli abitanti di questo territorio così disastrato.
Non si discute più e non si progetta più. Sarei felice, invece, se vedessi l’annunciazione di una sola idea di sviluppo, la proposta di un progetto studiato per bene a sostegno di una pur minima speranza. Solo questo posso augurarmi e augurare a Isernia. Solo questo posso sperare per la Provincia di Isernia e per il Molise.