– «Quando parliamo del cosiddetto ‘regionalismo differenziato’, ci riferiamo a quella posizione in cui ciascuna Regione dello Stato italiano si ritaglia un’area in cui possa esercitare, senza interferenze centraliste, una sorta di potere di autodeterminarsi su materie specifiche e, nella forma rafforzata, anche sotto l’aspetto finanziario.
Orbene, tale possibilità è già presente nella nostra Costituzione (artt. 116 e 117) e una diversa declinazione sarebbe giustificata, a nostro avviso, soltanto dalla intenzione di rafforzare la propria posizione finanziaria a scapito della solidarietà nazionale, che si estrinseca nella costituzione e nella ripartizione tra le Regioni del fondo perequativo.
Se il regionalismo differenziato fosse finalizzato davvero a ridurre l’apporto e la solidarietà delle Regioni a saldo finanziario particolarmente elevato in misura tale da provocare la riduzione della loro maggiore capacità contributiva al fondo, allora si dovrebbe parlare di ‘autonomismo’, ovvero di ‘federalismo’, ma non era questo lo spirito dei padri costituenti, i quali pensavano che la solidarietà nazionale dovesse contribuire a ridurre il gap tra regioni e, in special modo, tra le regioni del Nord e quelle del Sud.
Detto questo, il Molise, come altre regioni del Sud, risente di una carenza infrastrutturale molto preoccupante: territorio colpito da grave dissesto idrogeologico, aree interne prive di rete ferroviaria funzionante e servite da strade provinciali impraticabili, assenza di strade a quattro corsie, progressivo spopolamento dei Comuni, disoccupazione di lunga durata al di sopra della media nazionale, solo per citare qualche esempio.
Lo stesso Molise potrebbe godere, però, di situazioni di vantaggio solo se opportunamente sfruttate e attivate. Ci riferiamo alla bassa densità di popolazione, alle eccellenze enogastronomiche e culturali da preservare e valorizzare, alle oasi naturalistiche e ai paesaggi di spiccato interesse ambientale, alle enormi risorse idriche che servono anche le regioni limitrofe.
Quindi, nel caso si voglia parlare di regionalismo differenziato (nel senso di federalismo) per il Molise, lo Stato centrale e le altre Regioni debbono, in via preliminare, mettere in condizioni la nostra regione di elevarsi al rango infrastrutturale delle altre regioni e, segnatamente, di quelle del Nord.
Ma come rendere possibile ciò, visto che la ‘questione meridionale’ non é ancora tramontata, nonostante i numerosi interventi di finanza dedicata?
A tal riguardo riteniamo vada varata una stagione di interventi straordinari per il Molise e per il Sud in termini non tanto di assegnazione di finanziamenti, quanto di attivazione degli interventi già assegnati.
I punti cardine di questa nuova stagione sono lo snellimento della burocrazia e la riduzione dei livelli di controllo, che ritardano enormemente l’utilizzo dei fondi sia europei che statali; il maggiore utilizzo delle procedure negoziate di assegnazione dei lavori pubblici; la rapida erogazione dei fondi pubblici una volta assegnati alle imprese; la formazione professionale continua dei dipendenti pubblici; la maggiore attribuzione della quota di fondo perequativo non attribuito esclusivamente su parametri demografici.
Insomma, immaginiamo una stagione di snellezza delle procedure e di rapidità degli interventi finanziari, accanto a maggiori e più diffuse competenze dei pubblici funzionari.
Fatte salve queste condizioni, potrà utilmente parlarsi di regionalismo differenziato».
Così il presidente della Regione Molise, Donato Toma, ha espresso la sua posizione in relazione al regionalismo differenziato, tema particolarmente sensibile nell’ambito della discussione sul nuovo regionalismo, e che ieri è stato affrontato e dibattuto nel corso dei lavori della Commissione Affari istituzionali della Conferenza delle Regioni.