Il Segretario interregionale della CISL Poste Antonio D’Alessandro, fa presente ai parlamentari molisani, che con la totale privatizzazione di Poste Italiane S.p.A. è in ballo la cassaforte degli italiani, oltre 500 miliardi di risparmi, 32 milioni d’italiani hanno affidato a Poste sia per le conseguenze occupazionali.
La posizione della CISL – riferisce Antonio D’Alessandro – è che il futuro di Poste deve guardare alla digitalizzazione e ai cambiamenti del futuro, ma le Poste devono fare innanzitutto le Poste e mantenere salda la missione per cui sono nate, declinandola con i grandi cambiamenti della nostra epoca.
Al momento – precisa Antonio D’Alessandro – il Tesoro sembra tirare dritto e come ha confermato il 29,7% del capitale di Poste Italiane ancora, in mano al Tesoro potrebbe andare sul mercato tra la primavera e l’estate di quest’anno. Noi diciamo chiaramente di stoppare quest’operazione per evitare due pericoli.
Poste ha una rete capillare di sportelli diffusi su tutto il territorio nazionale, impiega circa 140mila lavoratori di cui 70mila negli uffici postali e altri 60mila in servizi postali, ha unaraccolta di 500 miliardi di euro, che sono i risparmi di 32 milioni d’italiani. Soprattutto pensionati, casalinghe, impiegati. Con 350 miliardi di euro di buoni e libretti postali e 130 miliardi di BTP, acquisiti con le giacenze dei conti correnti e la raccolta assicurativa, oggi Poste è la più grande cassaforte degli italiani e garantisce circa un quarto del debito pubblico.
Quindi con la vendita della cassaforte degli italiani si finirebbe per consegnare il risparmio degli italiani agli investitori internazionali, emanazione di banche d’affari straniere, con possibili riflessi anche sulla collocazione del debito pubblico. La vendita di un secondo pacchetto di azioni inevitabilmente finisca per incidere fortemente sul ruolo di Poste e del suo servizio, oltre che sul livello occupazionale.
Per questi motivi – avverte Antonio D’Alessandro – serve una riflessione profonda da parte dei parlamentari molisani, specialmente quelli di maggioranza, per bloccare l’intera operazione, e, eventualmente sedendosi a un tavolo per confrontarsi anche con i sindacati, prima che siano compiuti passi irrevocabili. Perché dal collocamento non si torna indietro.
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