di Claudia Mistichelli
Il “tutore” dell’Italia, il Parlamento europeo, decide per tutti, puntando sul riciclo delle materie plastiche e sul futuro dell’Europa, peccato che il tutto è rimandato al 2030.
Intanto, mentre l’Italia attende più di 10 anni gli ordini dall’Europa sul da fare e, stabilire come ridurre ogni tipo di rifiuto o mettere in campo politiche serie di smaltimento, la Cina, da gennaio 2018, ha chiuso i porti all’arrivo di materiale plastico dall’occidente.
Perché è tanto difficile mettere in campo delle azioni immediate contro il consumo smodato di plastica?
Forse, perché attorno a questo commercio, ruotano interessi economici altissimi. Infatti, il Governo italiano, preferisce tassarci, con la scusa del sacchetto biodegradabile, (a Campobasso non sappiamo dove buttarlo, visto che non c’è raccolta differenziata) mentre la maggior parte dei prodotti venduti sono super-imballati in plastica e carta, di ogni tipo e genere.
Nel frattempo, mentre in Italia ci facciamo prendere per il naso, accettando tutto in silenzio e ribellandoci solo su facebook, c’è chi non aspetta il “tutore” di turno e decide per il proprio destino.
In Svezia, infatti, nasce il primo centro commerciale di prodotti riciclati. Un indotto economico in crescita: sta assicurando posti di lavoro e, soprattutto, sta educando le nuove e vecchie generazioni al riuso di tutto ciò che è possibile.
Re Tuna, questo il nome del centro commerciale, comprende 15 negozi di vario genere; ha un impianto di riciclo e un’officina di ripristino, dove le persone possono lasciare qualsiasi oggetto inutilizzato; ha dei punti di ristoro che utilizzano prodotti biologici; infine, organizza corsi informativi sul riciclo e utili alla riparazione dei piccoli oggetti di uso quotidiano.
Un grammo di buon esempio vale più di un quintale di parole. (San Francesco di Sales)