Nel mese di agosto 2016, in Italia le aziende si sono viste autorizzare 31,4 milioni di ore di cassa integrazione, in calo del 30,9% rispetto a luglio dello stesso anno e del 20,5% rispetto allo stesso mese del 2015. Non così in Molise dove la Cassa integrazione è lettralmente esplosa, per la quasi totalità in provincia di Campobasso. È una crescita preoccupante e non soltanto secondo i Sindacati, dato che nel Molise, la situazione è difficile, la crisi persiste confermata com’è proprio dall’utilizzo massiccio di questo ammortizzatore che segnala le difficoltà delle aziende, specie quelle industriali.
La salvaguardia dello Zuccherificio del Molise e quindi dei livelli occupazionali, alla luce, purtroppo, della fine della Cassa Integrazione Straordinaria, del fitto di ramo d’azienda e, nel 2017, la cessazione del regime di quote zucchero, impone non soltanto una seria riflessione sull’attuale situazione dello stabilimento di Termoli, ma un immediato intervento, quanto mai necessario, per favorie la continuità aziendale seppure in un momento come questo.Problemi che, purtroppo, investono non solo il settore bieticolo-saccarifero, ma una vasta area della nostra regione che, per la particolarità del territorio e per le infrastrutture presenti, è particolarmente vocata al settore dell’agroalimentare.
Come sappiamo, il Jobs Act impone limiti temporali restrittivi alla durata della Cassa Integrazione e, in più, è stato aumentato il costo per le imprese che la “richiedono”, si corre così il rischio di far slittare verso la disoccupazione parte dei lavoratori coinvolti dai processi di riorganizzazione o ristrutturazione delle aziende presenti in quest’area. Nelle more di trovare alternative per i lavoratori, non si perda d’occhio, l’opportunità che viene offerta dal decreto correttivo del Job Act che stabilisce la proroga del periodo di fruizione della Cassa integrazione e, soprattutto, stabilisce che le Regioni, con proprie risorse possono offrire maggiore flessibilità sia alla Cassa Integrazione stessa che alla Mobilità in Deroga.
Bene è stato fatto, l’aver cercato una via d’uscita come il riconoscimento dell’Area di Crisi non complessa nel Basso Molise”, anche se i tempi restano comunque lunghi e, essendo il futuro della filiera saccarifera molisana legato alla fine del regime delle quote previsto per il 2017, una soluzione va cercata in tempi più ragionevoli. La riforma della filiera prevedeva la riqualificazione industriale per gli zuccherifici che intendevano convertire la produzione verso altri settori (prevalentemente agro-energia e bio-combustibili), ad oggi, in Italia, diversi zuccherifici hanno chiuso, altri stanno convertendo gli impianti seppure con notevole ritardo, ciò comporta conseguenze anche per il settore agricolo, prevalentemente collegato alla pruduzione dello zucchero, col prezzo dello stesso già ridotto e con la previsione dell’UE di una ulteriore riduzione dopo la fine delle quote.
Se a ciò si aggiunge l’elevata disponibilità di zucchero sul mercato Europeo, che contribuirà a irrigidire le morse della crisi del settore, appare evidente che la fine del regime delle quote comporti un peggioramento della filiera dello zucchero da barbabietola, con perdita di posti di lavoro e capacità produttiva anche per le aziende agricole specializzate nella coltura estensiva della barbabietola.
Per chi resta in attività, adattarsi alla nuova situazione sarà ancora più complicato, cosa fare allora? Ristrutturare? Riconvertire? Chiudere? Considerato che, come detto, lo Zuccherificio rappresenta un elemento importante del tessuto produttivo regionale, la situazione va osservata nella sua interezza. Premetto che sono stato e continuo ad essere assertore dell’idea che i soldi pubblici devono essere sempre gestiti con serietà, oculatezza e possibilmente con capacità di trarre dei profitti, ma la Regione Molise è proprietaria dello Zuccherificio quindi direttamente responsabile delle sue sorti. In casi particolari, come la crisi che sta attanagliando la nostra regione, essa può e deve intervenire anche in maniera straordinaria se occorre.
Ciò non vuol dire un ritorno al passato con la famigerata legge 15, ma se esistono opzioni che ci indicano e ci consentono una possibilità di salvare l’azienda, allora, su quella base, è un dovere preciso di questa Assemblea, impegnarsi per trovare alternative che consentano di affrontare la questione in maniera più serena soprattutto per i lavoratori diretti, l’indotto e le rispettive famiglie.