Venerdì 17 febbraio il Neuromed ospita un approfondimento per conoscere le nuove tecniche che permettono di individuare anomalie genetiche nel feto

Tradizionalmente la diagnostica prenatale si basa sul prelievo di cellule fetali con metodiche invasive (amniocentesi e villocentesi). In questo modo è possibile identificare anomalie cromosomiche o malattie genetiche nel feto. Ma queste tecniche sono caratterizzate da una piccola percentuale di aborti, i cui casi sono stimati tra lo 0.5% e l’1%.

Un rischio piccolo, ma reale. Così la ricerca scientifica ha sviluppato metodi di screening alternativi, non invasivi. Si basano su parametri ecografici fetali e su esami biochimici del sangue materno. Ma anche questi hanno un limite: forniscono risposte solo di tipo probabilistico. L’introduzione di un test realmente alternativo e non invasivo di diagnosi prenatale è stato pertanto oggetto di ricerche a partire dal 1997, quando uno studio ha dimostrato la presenza di piccole quantità di DNA del bambino nel plasma materno. Nasceva quindi la possibilità di una diagnosi prenatale non invasiva, per la quale sarebbe bastato un semplice prelievo di sangue dalla madre.

Per approfondire questo tema, l’I.R.C.C.S. Neuromed promuove un corso ECM (Educazione Continua in Medicina) dal titolo “Non Invasive Prenatal Diagnosis (Nipd): nuovi approcci nella diagnosi prenatale”. Diretto dal dottor Stefano Gambardella, Responsabile del Centro di Genetica Molecolare Neuromed, il corso si terrà venerdì, 17 febbraio 2017, a partire dalle ore 9.00, presso la Sala Conferenze del parco Tecnologico di Via dell’Elettronica, Pozzilli.

“Nel corso degli anni – spiega Gambardella – si è sviluppata la ricerca di base sulle caratteristiche del DNA libero fetale nel circolo materno, che gradualmente è emerso come un valido mezzo per la diagnosi prenatale non invasiva di malattie genetiche. All’inizio c’erano forti limiti nel distinguere il codice genetico del bambino da quello della madre, ovviamente presente in misura molto maggiore. Questo limite è stato superato grazie alla introduzione di tecnologie innovative, come la Next Generation Sequencing (NGS), che consente l’amplificazione di sequenze genetiche specificamente fetali nel plasma di donne incinte. L’affidabilità della NGS ha fatto si che questa metodica diventasse il “gold standard” per lo studio di anomalie genetiche nel DNA fetale da sangue materno”.

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