Una vicenda tutta da raccontare, perché l’opinione pubblica sappia e consideri. Nel vecchio ed ormai abbandonato SS Rosario di Venafro, struttura da un buon trentennio non più utilizzata e di fatto continuativamente deserta a parte qualche animale selvatico che vi si aggira … , in tale edificio esattamente all’inizio della scala monumentale che porta al piano rialzato dell’immobile c’è una lapide risalente agli anni ’70 che attesta munificenza ed altruismo di un privato venafrano, il Cav. Giovanni Atella (1887/1965). Questi ai primi anni ’60 donò al SS Rosario la prima autoambulanza e 10 milioni di lire, oltre ad un motocarro per trasporto di bombole d’ossigeno ed altre attrezzature sanitarie, perché si aiutasse il prossimo in stato di necessità. Tale marmo, che venne apposto dall’amministrazione ospedaliera dell’epoca (Presidente l’avv. Pietro Petrecca) per dare atto e far conoscere la bontà d’animo dell’uomo, riporta testualmente quanto e come il predetto privato si prodigò per la collettività, riproducendo altresì il volto del benefattore. Ebbene il marmo in questione è di fatto abbandonato nello storico ma disuso SS Rosario, senza la possibilità che il cittadino legga e rifletta su quanto di bene e di buono l’animo umano sia in grado di operare per il prossimo, giusto come fece il citato benefattore ai primi anni ’60. Ecco allora l’intervento del dr. Tito Atella, esecutore testamentario e nipote del predetto personaggio, perché il marmo in tema venga trasferito dall’ormai abbandonato e storico SS Rosario, dove appunto nessuno vi accede e quindi nessuno più lo legge, nel nuovo nosocomio venafrano di via Colonia Giulia, oggi Ospedale di Comunità. “La lapide venne ideata, realizzata ed affissa nell’allora frequentatissimo SS Rosario -puntualizza il citato esecutore testamentario- perché tutti sapessero cosa fatto da un privato a favore della collettività, cioè a fini socio/educativi e non già celebrativi. Continuare a tenerlo in un immobile abbandonato da un trentennio, dove nessuno più accede, appare un controsenso”. Data la situazione, cosa pensa di proporre ? “E’ stata scritta una lettera al direttore generale dell’Asrem, dr. Sosto, chiedendo il trasferimento della lapide dal disuso Ss. Rosario, dove da trent’anni nessuno più entra ed ha modo di leggerla, al nuovo e vicino Ospedale di Comunità di Venafro, fissandolo su una parete interna all’ingresso della struttura. In tal modo il marmo tornerà a centrare gli obiettivi iniziali, facendo conoscere alla massa quanto di buono sia in grado di fare l’animo umano. Non chiediamo intitolazioni di strade, piazze o altro riconoscimento, ma solo che all’operato del nostro congiunto si continui a dare il giusto e doveroso risalto sociale nel contesto cittadino, portando la lapide dove tutti hanno modo di leggerla e riflettere”. Risposte dall’Asrem ? “Al momento ancora no -conclude il nipote del Cav. munifico- ma siamo fiduciosi circa l’accoglimento della richiesta, sia perché a costo zero per la sanità pubblica molisana, sia perché non implica problemi di sorta e sia perché mira unicamente a far conoscere ai più la positività dell’uomo, quando questi decide di essere altruista senza ritorni di sorta, come nel caso del nostro congiunto”. Chi era, si chiederà il lettore, Giovanni Atella ? Uno del popolo, che nei primi decenni del ‘900 come tant’altri italiani del tempo si trasferì negli Usa in cerca di lavoro e fortuna. Lì, nel nuovo Continente, li trovò entrambi ! Rientrato a Venafro, suo Comune di origine, sposò la concittadina sig.ra Daria Izzi, persona assolutamente da bene ma dalla quale purtroppo non ebbe figli, ed intanto mise su un’attività commerciale che diede lavoro e tantissimo alle finanze cittadine. Nel frattempo si prodigava con l’innato suo spirito altruista per favorire tradizioni e storia locali, a cominciare dall’allestimento dell’Opera di San Nicandro, dramma sacro su vita ed opere dei Santi Martiri di Venafro. Per tale lavoro scenico Giovanni Atella, che era a sua volta puntuale tra gli interpreti, forniva scene, costumi e quant’altro necessario per la rappresentazione che all’epoca avveniva di solito dinanzi alla chiesa di San Simeone, di fronte al Monumento ai Caduti. Un venafrano cioè che ha fatto tanto bene nei decenni trascorsi e che oggi è giusto riportare alla memoria di tutti.