E’ stato appena ristrutturato a Venafro un antico tracciato pedemontano che porta ad una zona tipica della città, la “makkar.nera”, giusto a monte dell’abitato. Un tempo la località era assai frequentata e piccoli e adulti vi si recavano quotidianamente ; i primi per giocare, correre ect. e i secondi per lavori ed incombenze di varia natura, o anche solo per passeggiare ed ammirare il panorama. Ebbene, tornata d’attualità la “makkar.nera” con tutte le positive implicazioni del caso, si è come scatenata una sorta di ricerca per cercare di spiegare il significato del termine, assodato che vocabolari ed enciclopedie cartacei nonché siti linguistici via internet non forniscono notizie al riguardo. Tra i tanti che si sono cimentati va segnalato il prof. Mario Giannini di Venafro, già ottimo docente di lettere al Liceo Classico “Giordano” della città ed oggi pensionato dinamicissimo nella coltivazione della terra, nella produzione di olio e in tant’altro. Ecco ragionamenti e conclusioni dell’ex docente delle superiori : “Premesso che il suffisso “ra” di genere femminile apposto a tante parole dell’onomastica venafrana risulta componente di termini indicanti un’attività manuale svolta da donne del popolo dei tempi andati, cito “pustera” (la postina), “kiankera” (macellaia), “furnara” (donna che gestiva forni), “lattara” (venditrice di latte porta a porta), “pukurara “ (donna per cura e pascolo pecore), ne consegue che anche “makkar.nera” abbia a che fare con attività svolta in passato da donne, ossia preparazione e vendita maccheroni fatti in casa come tagliatelle, spaghetti o vermicelli”. Il prosieguo delle spiegazioni del prof. : “Un tempo in tante famiglie numerose si possedevano gli strumenti per realizzare maccheroni, utilizzandoli di frequente. Non tutte le case però ne erano dotate, donde il ricorso obbligatorio a chi svolgeva il mestiere della “makkar.nera” non essendoci negozi dove comprare maccheroni belli e pronti. Ed allora come esisteva la “furnara” per pane, biscotti, torte, pizze ect., così esisteva una “makkar.nera” che preparava i maccheroni per tante famiglie richiedenti”. Ed eccoci alla spiegazione del termine e della zona così denominata : “La contrada denominata “makkar.nera” -fa sapere l’ex docente del “Giordano”- un tempo era facilmente raggiungibile tramite sentiero che raggiungeva un caseggiato sito al centro di quel territorio. In passato grandi e piccoli vi si recavano chi per giocare e chi per salutari passeggiate. Mancando riscontri storici, nulla vieta di dedurre che quel caseggiato era stato realizzato da famiglia dedita a produzione e vendita di maccheroni et similia, “pett.l” (ndc) alias maccheroni che per essere venduti venivano messi ad asciugare appesi a lunghe canne sostenute dai rami degli alberi ivi numerosi”. La chiusura di Mario Giannini : “Quell’attività presumibilmente ivi svolta e lo spettacolo suggestivo dei maccheroni (“l’ pett.l”, ndc) appesi alle canne per essere pronti alla vendita, nonché l’appellativo popolare della persona addetta a ciò, costituirebbero una indiscutibile ragione per spiegare la denominazione della zona”.
Tonino Atella