La presente è la prima di due puntate per ricordare la Festa di San Nicandro di Venafro dei tempi andati. Partiamo riproponendo le particolarità dei riti religiosi del passato. Nel corso dei tre giorni festivi di metà giugno (16, 17 e 18) del “tempo che fu”, le processioni erano più numerose delle attuali ed avevano caratteristiche particolari. Oggi se ne effettuano due.
La prima nel tardi pomeriggio del 16 giugno per trasferire le immagini sacre (Busto Argenteo di San Nicandro, Testa Argentea dello stesso Patrono e Reliquie di Santa Daria, più esattamente resti ossei prelevati dalla catacombe cristiane nell’antica Roma e battezzate quali Reliquie della Martire, Santa Daria, moglie di San Nicandro, che seguì il marito nel martirio) dalla Chiesa della SS.ma Annunziata alla Basilica del Patrono, dove resteranno per l’intero trittico festivo.
La seconda nella serata del 18 giugno per riportare in città tra due ali immense di fedeli le stesse immagini sacre, rito contraddistinto dai numerosi canti corali dell’inno in onore dei Santi Martiri, lo storico “Sciogliam di lode un cantico”.
Tale processione di fatto concluderà il trittico festivo. Sino a qualche decennio addietro avveniva invece tutt’altro. Innanzitutto le processioni, sempre nei tre giorni di festa, erano tre ed una -quella del 17 giugno, che oggi non si tiene più- era riservata esclusivamente al clero. Vi partecipavano solo preti e religiosi, col mondo laico che assisteva compostamente al passaggio del rito cui non poteva prendere parte. Il rito era finalizzato al trasferimento in Basilica di clero e popolo per il solenne Pontificale di metà mattina. Altra particolarità del passato : la prima processione del trittico festivo di un tempo avveniva nella tarda mattinata del 16 giugno ed era detta “La processione dei signori”. In effetti vi potevano partecipare solo gli uomini più in vista della città, i cosiddetti “galantuomini”, come possidenti, proprietari terrieri, latifondisti, benestanti, personaggi di spicco del contesto cittadino e commercianti danarosi, ma solo del sesso forte. Donne e gente del popolo erano “out” ! Solo col blasone e col portafoglio gonfio si poteva essere ammessi a “La processione dei signori” e solo coi … pantaloni ; cioè niente donne !
Chiudiamo con la solenne e partecipatissima processione conclusiva del 18 giugno. Un tempo si voleva che andasse assolutamente conclusa anche con le peggiori condizioni atmosferiche riportando ad ogni costo le immagini sacre della fede venafrana nella chiesa della SS.ma Annunziata, per evitare che -così la pensavano le generazioni trascorse, non certo le attuali – se ne potessero impossessare … i Frati Minori Cappuccini (?!?) del locale Convento Francescano, attiguo alla Basilica del Santo Patrono. Di tanto erano convintissimi i venafrani dei decenni andati, tanto che neppure le peggiori avversità atmosferiche erano capaci di bloccare il rito. Si procedeva coi simulacri in spalla anche sotto fulmine e saette per raggiungere assolutamente la SS.ma Annunziata, affinché immagini e simboli sacri restassero custoditi in paese e non altrove. Queste alcune delle tante particolarità della “Festa di San Nicandro” dei decenni andati, a cui ciascun venafrano continua ad offrire il massimo apporto personale per la migliore riuscita. Ed anche quest’anno, è garantito, la partecipazione e l’impegno popolare saranno tali da assicurare al prossimo appuntamento di fine primavera il massimo successo ! In un prossimo servizio, come anticipato in apertura, l’attenzione verrà puntata sugli appuntamenti civili della Festa di San Nicandro del “tempo che fu”.
Tonino Atella