Commentando, in scarsa compagnia, i dati del Rapporto sull’Economia Regionale 2016 della Banca d’Italia, mi ero permesso di scomodare Antonio Gramsci per esprimere qualche dubbio interpretativo sull’analisi condotta. Il più grande intellettuale comunista italiano spronava gli umili ad impossessarsi del sapere scientifico per dotarsi degli strumenti culturali necessari ad affermare i propri diritti sociali.

Le statistiche possono essere scritte in modo corretto, ma l’estensore può evidenziare in modo più marcato degli aspetti specifici orientando l’attenzione di chi legge in un senso o nell’altro.

Oggi dopo la pubblicazione dei dati di uno dei più accreditati Osservatori Economici Italiani, la CGIA di Mestre, emerge uno spaccato sul Sud e sul Molise che si discosta molto dal Rapporto 2016 della Banca d’Italia. In realtà entrambi gli studi sono stati condotti con criteri ineccepibili sul piano scientifico, ma è evidente che il risultato finale a cui giungono è opposto.

La CGIA di Mestre lancia l’allarme sul rischio povertà a cui va incontro un meridionale su due e assegna al Molise la maglia nera nel calo del reddito medio pro-capite con un meno 11% che attesta un disagio crescente che meriterebbe una maggiore considerazione istituzionale ad ogni livello. Aumenta il divario NORD-SUD e non si intravedono inversioni significative nelle prospettive di sviluppo e di crescita dell’occupazione nelle regioni meridionali.

Questo grido di allarme lanciato ogni anno dallo SVIMEZ, l’Istituto che scandaglia per legge i dati socio-economici del Mezzogiorno, oggi viene ripreso da un Osservatorio del Veneto che non ha alcun interesse territoriale ad evidenziare le criticità emergenziali del Sud e del Molise.

Per questa ragione bisognerebbe uscire fuori dalle narrazioni di parte e aprire un confronto vero su ciò che sta accadendo nelle regioni meridionali e nelle aree più interne e marginali dove il calo demografico cresce con la stessa velocità con cui lo Stato fugge.

16 Patti per lo Sviluppo anziché un solo Patto per il futuro del Mezzogiorno. Risorse rimaste sulla carta e non appaltate, nel mentre franano le strade, chiudono le scuole, si tagliano gli ospedali, le Poste aprono a singhiozzo e abbassano le saracinesche anche i bar o i negozi di generi alimentari.

I fondi europei 2014-2020 aspettano nelle casse dei Ministeri e delle Regioni di essere messi a bando, nel mentre i finanziamenti promessi per aree di crisi industriale semplici o complesse non arrivano, i centri per l’impiego sono in affanno, le politiche attive del lavoro restano un miraggio, i finanziamenti per contrastare la povertà più volte annunciati non arrivano mai, e il Molise di suo ci aggiunge il blocco delle borse lavoro per i 1.400 disoccupati di lunga durata, lo storno di 13 mensilità di mobilità in deroga a danno di 1.744 operai disoccupati, il blocco del Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza 2015 per l’80% di 426 disabili gravi e l’esclusione dalla sperimentazione del Ministero del lavoro sull’assegno di ricollocazione occupazionale.

Il dramma del Sud e del Molise non si risolve con la narrazione che tutto va bene, ma ripensando la strategia nazionale d’intervento e restituendo priorità politica alla QUESTIONE MERIDIONALE.