di Pietro Tonti

Dopo la giornata di martedì movimentata, della mozione di sfiducia al presidente Toma da parte di undici consiglieri ( 6 del M5s, due del PD e tre dissidenti della maggioranza, Iorio, Romagnuolo e Calenda), si sono levate aspre polemiche sulla decisione di Calenda di annullare la firma in calce alla mozione che aveva apposto la mattina, per confluire in giunta al posto di Marone la sera.

Vanificato lo sforzo delle minoranze consiliari nel tentativo di delegittimare il governo regionale, aprendo una crisi che secondo il disegno di pentastellati, dem, Iorio e Romagnuolo avrebbe consentito nuove elezioni.

Dalla giornata avulsa di martedì scorso, siamo giunti a giovedì e non possiamo mancare di analizzare cosa è accaduto da un punto di vista politico, rimarcando ancora una volta che nel passato nemmeno tanto lontano, non si sarebbe giunti in Consiglio regionale con una mozione di sfiducia e all’ultimo momento, un presidente per salvare capra e cavoli, giammai sarebbe stato costretto a ricorrere in extremis alla nomina di un assessore estromettendone un altro come è accaduto.

Purtroppo le segreterie politiche non sappiamo se esistono, ma sicuramente non svolgono qualora esistessero, quel ruolo di garanzia, di dibattito a 360 gradi come eravamo abituati nella prima repubblica.

In questa occasione, sarebbe spettato alle segreterie, non giungere al punto da gettare discredito su un consigliere eletto dal popolo che avrebbe comunque meritato un posto in giunta, già dall’inizio mandato, se non Calenda, magari Romagnuolo, ma sappiamo come sono andate le cose nella Lega, con Mazzuto non eletto a ricoprire un ruolo abusivo e l’espulsione delle leghiste dal carroccio, Calenda e Romagnuolo.

Quell’azione ancora oggi la politica regionale ne paga le conseguenze e Marone anche lui abusivo in Giunta per la Lega, non ha mai riscontrato i favori della maggioranza di centro destra e di chi aveva affrontato una campagna elettorale ed era legittimato a pretendere un ruolo di spicco.

La sconfitta su tutti i fronti per la strenua difesa sui fatti di martedì da parte del Presidente Toma, per salvare il governo è proprio della Lega. Le minoranze fanno la loro parte come è giusto che sia, ma la lega non ha rappresentanti in Consiglio e oggi nemmeno voce in capitolo su qualsiasi azione del governo regionale.

Una scelta difficile per il Presidente che sa di essere solo, stretto nella morsa di Fratelli D’Italia, dove non si sa con chi comunicare per trovare una quadra.  Le colpe sono di un centro destra che non è più in grado di mettersi davanti ad un tavolo e analizzare punto per punto in quale direzione andare e come fare per andarci. Spiccano solo personalismi, vendette trasversali e tutti contro tutti. Agli occhi dei molisani, passa solo il dissenso, azioni che se pur legittime si fa fatica a comprendere e digerire.