Con questa nuova rubrica  della D.ssa. R. Francesca Capozza Criminologa, Psicologa, Psicoterapeuta; il nostro quotidiano si arricchisce di periodiche storie criminali, che offrono al lettore spunti di riflessione. Storie che indagano l’animo umano, talvolta capace di efferatezze invereconde, per meri interessi economici o passionali. Buona lettura…

 

Dott.ssa Francesca Capozza

Montù Beccaria, I cioccolatini avvelenati

Montù Beccaria, Oltrepò Pavese. È il 18 Giugno 1967, domenica sera. Giuseppe Scabini, agricoltore 52enne, sta rientrando a casa dopo un pomeriggio di gioco al bar con amici e il fratello Alberto. Comincia ad accusare dolori al petto e difficoltà respiratorie. Giuseppe riesce a raggiungere il proprio domicilio, ma le sue condizioni si aggravano e perde conoscenza sotto gli occhi della moglie e della figlia 14enne ivana.  Il medico condotto, accorso, tenta di rianimarlo, ma Giuseppe è ormai morto. L’ipotesi dichiarata del decesso è infarto del miocardio.

8 giorni dopo, a casa del defunto Scabini accade una seconda tragedia. Una bimba di  4 anni , figlia di una coppia di cugini che era andata a fare visita per porgere le proprie condoglianze, accusa un improvviso malore, perde i sensi e muore nel tragitto verso il locale nosocomio. La storia di morti improvvise e misteriose non si arresta: il 23 luglio, la madre ottantenne di Giuseppe, muore tra i filari dei vigneti, per un malore fulminante, dopo aver mangiato un dolce in casa.

Dopo alcuni giorni 2 amiche fanno visita alla figlia di Giuseppe Scabini, uscendo dalla sua casa una muore improvvisamente dopo aver accusato dolori al torace e perso conoscenza, mentre l’altra con sintomi gravi viene salvata dall’intervento dei medici. A “casa maledetta” viene nominata in paese quella dello Scabini.

Ma l’autorità giudiziaria vuole vederci chiaro, troppi i  dubbi e i sospetti sulla vera natura dei decessi. Dispone l’autopsia della amica di Ivana. I risultati sono agghiaccianti, e confermati dalla riesumazione ed autopsia delle altre vittime: morte per avvelenamento da parathion, potente anticrittogamico che può essere letale sia per inalazione che per ingestione.

Le indagini allora puntano sull’individuazione del killer, del serial killer. Una è la persona che poteva beneficiare di alcune di queste morti. Si tratta di Alberto, il fratello di Giuseppe. Era oberato di debiti e lo sterminio della famiglia del fratello lo avrebbe reso unico erede di una vasta proprietà agricola.

Riesce, quella fatidica domenica al bar, ad eliminare Giuseppe offrendogli un bicchiere di boero di cioccolato avvelenato al parathion; subito dopo lascia dei cioccolatini avvelenati a casa del fratello defunto sperando di uccidere anche la cognata e la nipotina, ma casualmente gli stessi vengono ingeriti da chi era andato a far visita alle 2 donne, ovvero la bimba, cuginetta di Ivana, e l’amica di quest’ultima. Non ha pietà neanche della madre che è sicuro di uccidere inserendo del veleno in un dolce portatole in dono. Alberto Scabini viene arrestato, ma non confessa.

Nel processo di primo grado viene assolto per insufficienza di prove con grande sorpresa dell’opinione pubblica e dei giornalisti ch avevano seguito la vicenda del “Borgia di Montù Beccaria” con il fiato sospeso. A 2 mesi dalla celebrazione del processo di secondo grado,  una mattina viene ritrovato cadavere dalla moglie nella camera da letto. L’ autopsia accerta che è morto per avvelenamento da parathion le indagini si chiudono con l’archiviazione per suicidio conseguente, secondo gli inquirenti, la paura della imminente condanna.