di Alessia Tonti
E’ tornato alla casa del Padre, nella mattinata di oggi, 31 gennaio 2018, l’artista e padre passionista molisano Tito Amodei. Tra qualche settimana avrebbe compiuto 92 anni. Ad annunciarlo è l’associazione “Forche Caudine”, a cui era legato da lunga collaborazione.
La camera ardente è stata allestita nel convento dei Padri Passionisti alla Scala Santa a Roma, dove viveva. I funerali si terranno giovedì 1 febbraio alle ore 10,30 nella Cappella di San Lorenzo alla Scala Santa. Ora la Fondazione Tito Amodei si occuperà di tutelare il suo immenso patrimonio artistico, in parte ubicato proprio nella galleria Sala 1 da lui creata dietro la Scala Santa.
Ferdinando Amodei, più noto come Tito, era nato a Colli a Volturno l’11 marzo 1926 da una famiglia modesta. è stato uno scultore, pittore, critico d’arte e religioso. Si era diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, iniziando qui l’attività espositiva nel 1964. Ha cominciato con i nudi: la sua prima scultura è stata un grande nudo nato da un grande albero che trova nella Feniglia di Orbetello e che ispira a Torino il titolo di un libro di Giorgio Saviane “La donna di legno”. Hanno fatto seguito molti interventi decorativi in ambienti pubblici, specialmente chiese: il concettuale è presente in particolare nell’arte religiosa negli anni sessanta legata soprattutto al tema della Deposizione.
A seguire il suo percorso s’è mosso da esigenze di carattere formale: tralasciando la figura e i riferimenti ai concetti, ha realizzato un tipo di scultura che si pone nello spazio come forma e come sostanza contenibile. Le sue opere hanno aqcuisito sempre più una valenza spaziale, tant’è che Amodei è sempre attratto dall’architettura. Membro della Comunità passionista della Scala Santa, nel quartiere San Giovanni a Roma, il suo impegno per il sacro nell’arte si è espresso fino all’ultimo anche attraverso conferenze e pubblicazioni e promuovendo mostre del settore.
Nel 1970 ha fondato a Roma il Centro di sperimentazione artistica “Sala 1” a piazza San Giovanni in Laterano, che svolge un’attività culturale internazionale tra le più vive della Capitale. Nel corso degli anni Ottanta ha inserito sempre più la sua scultura in uno spazio architettonico, animando le sue strutture minimali in un ambiente: grandi pareti, forme circolari, euclidee, grandi sculture. Poi ha ridotto tale espansione nello spazio in forme sempre più chiuse fino ad arrivare al “Cilindro di Piero” (Piero della Francesca), artista che lo ha affascinato più di altri.
La “Colonna di tre elementi” ha segnato l’eliminazione, all’interno del suo percorso, di concetti legati ad aspetti quasi sentimentali e romantici. Da segnalare inoltre “Albero di melo”, “Paesaggio urbano”, impatto emotivo che deriva da un paesaggio artificiale creato dalle convenzioni sociali, sorta di scultura tautologica. Con i “Semi della forma” (1992-1994) ha sperimentato la terracotta.
Riguardo al rapporto tra la sua arte e la religione, nel corso di un incontro con “Forche Caudine” ha detto: “Dio non c’è come rappresentazione dei misteri e delle liturgie, ma come presenza di una consistenza spirituale che io rivendico. In questo senso le mie opere sono realmente sacre. La presenza di Dio nelle opere è di rimbalzo, perché se le sculture che faccio sono una promanazione della mia vita religiosa, allora Dio non può non esservi”.
E’ stato in attività fino alla morte, nonostante l’etá avanzata e la malattia di Parkinson che l’ha colpito ad una mano. Con l’associazione dei molisani a Roma ha collaborato in campo artistico. Le sue mostre alla Scala Santa hanno avuto sempre promozioni e presenze molisane. Ha lasciato le sue opere anche nella sua regione d’origine. In una nota “Forche Caudine”, la cui sede è vicino alla Scala Santa, ne ricorda “il grande dinamismo, la genialità, la sensibilità”. Era rimasto legato al suo Molise, ricordandone soprattutto le radici contadine.