di Luca Ferrari
C’è chi fugge dalle guerre, dal terrorismo, dalle persecuzioni religiose e poi ci sono i molisani che fuggono semplicemente dal Molise.
In questa regione dimenticata da Dio, è in atto dal 2008 ad oggi, una vera e propria diaspora. Sono più di 10mila gli abitanti fuggiti a gambe levate da questa terra che nel 2019 non ha più nulla da offrire. Siamo forse “Figli di un dio minore” che fanno quotidianamente i conti con l’avere meno del resto del mondo?
A guardare i numeri sembrerebbe proprio di sì! La più alta presenza di molisani si registra in Argentina, Canada, Germania e Svizzera, senza contare chi vive nel resto per il mondo. Il tempo per fermare questo esodo sta per scadere, la politica non può più restare a guardare, senza un moto d’ orgoglio e senza misure radicali da mettere in campo al più presto, siamo destinati a scomparire.
La classe dirigente che ha governato questa regione per oltre un ventennio ha lasciato solo macerie e chi oggi detiene il potere non è in condizione di ricostruire un bel nulla. Il nuovo esecutivo regionale, in un anno di attività, non è stato in grado di imprimere nessun tipo di svolta incisiva per ridare ossigeno ad un tessuto economico-sociale in agonia.
Serve una terapia d’urto se si vuole ripartire e dare un barlume di speranza a chi, a torto o a ragione, ha deciso di rimanere in questo territorio. Le proposte di legge presentate fino ad oggi, dalla Giunta e quelle dei vari Consiglieri regionali, non sono in grado di produrre risultati tangibili. Ognuno pensa a farsi il suo spot elettorale e a difendere il proprio orticello, non badando a quello che accade al di fuori delle stanze della politica.
Lavoro-lavoro-lavoro, era questa la parola d’ordine che ha accompagnato tutta la campagna elettorale del governatore Toma. Cos’è rimasto oggi di quella litania? Sole parole portate via dal vento. Ora, senza lavoro, come si può pensare di ripopolare il Molise? I pensionati non fanno aumentare il ‘Pil’, ma fungono da unico sostegno per tante famiglie in difficoltà. Delle politiche a sostegno dell’occupazione, che dovrebbero essere al primo posto della nostra agenda, si parla pochissimo.
Le vertenze aperte sono rimaste aperte, gli ex lavoratori vagano come anime del purgatorio in attesa di sapere dove andranno a finire. Un quadro a dir poco scoraggiante che dà pienamente ragione a chi decide di lasciare tutto e andar via.
L’assessore alle politiche agricole Nicola Cavaliere, in occasione dell’Oscar Green 2019, ha detto: “Il Molise ha bisogno di giovani. Non è uno slogan elettorale, ma semplicemente la verità”. Bene, anzi no, benissimo, ma cosa si sta facendo per non far rimanere quella dichiarazione un vacuo slogan elettorale?
Quali sono ad oggi le politiche per i giovani messe in campo? Tutte domande che non trovano risposta. Inutile parlare del dimissionario o non dimissionario assessore al lavoro che aspetta in anticamera di sapere se resterà al suo posto oppure no. Senza l’apertura di nuove aziende non c’è nessuna speranza di far diminuire la disoccupazione.
Sul riconoscimento dell’Area di crisi è meglio stendere un velo pietoso. Doveva essere una occasione di rilancio, invece, ha prodotto tanto fumo e scarsi risultati. Non si può vivere solo di politica o sperando di entrare negli enti pubblici.
O meglio, chiariamo il concetto, per qualcuno il lavoro si trova sempre nei posti che contano, per gli altri poveri sventurati la risposta la lasciamo al Marchese del Grillo. In un passo riportato nel libro di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella è scritto testualmente: “La Casta politica, una volta che sei dentro, ti permette quasi sempre di campare tutta la vita. Un po’ in Parlamento, un po’ nei consigli di amministrazione, un po’ ai vertici delle municipalizzate, un po’ nelle segreterie.
Basta un po’ di elasticità”. Non sappiamo se tra 15 o 20 anni il Molise esisterà ancora, ma una cosa possiamo affermarla: senza un ricambio generazionale nel lungo termine siamo destinati a diventare una grande residenza per anziani.