Sanità molisana: il malato immaginario
di Pietro Tonti
In Molise dicono che la sanità è commissariata da 16 anni. Ma ormai più che un commissariamento è un matrimonio: lo Stato e il Molise vivono insieme, litigano, non si sopportano, ma non divorziano.
Sedici anni… praticamente la sanità molisana ha la patente.
I cittadini, invece, no: loro non hanno nemmeno il diritto di farsi un’ecografia sotto casa. Per una visita devono andare a Benevento, per un’operazione a Roma, per un miracolo a Lourdes.
Commissari straordinari o coinquilini fissi?
A Roma mandano i commissari come se fossero pacchi Amazon Prime: arrivano, disimballano, firmano due carte e poi via, sostituiti dal successivo.
Risultato: più turnover di manager che di pazienti dimessi.
Alla fine il Molise non ha più ospedali, ma ha collezionato più commissari che reparti.
La vera eccellenza: la pazienza
E intanto i cittadini resistono, con una resilienza degna di un corso zen.
Pronto soccorso? Intasati. Ambulanze? Poche. Medici? Stremati.
L’unica medicina garantita è la camomilla per sopportare le attese infinite.
Conclusione (amara ma satirica)
In Molise la sanità non è più un servizio: è un reality show.
Ogni cittadino è concorrente di un gioco crudele: “Trova il reparto, se ci riesci”. Premio finale? Un viaggio fuori regione, tutto a spese proprie.
Sedici anni di commissariamento e il disavanzo è sempre lì.
Forse la verità è una: lo Stato non vuole risolverlo, perché altrimenti finisce la barzelletta.
E allora, Molise, rassegnati: la tua sanità non è malata… è clinicamente immortale.