Sanità molisana al collasso: tra tagli, disservizi e incertezza. I malati molisani rischiano di restare senza cure
di Redazione
ISERNIA – La situazione sanitaria in Molise continua a destare profonda preoccupazione. Dopo le dure parole del presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Isernia, Fernando Crudele, sul nuovo Piano Operativo Sanitario, emergono in tutta la loro gravità le ripercussioni concrete che le scelte politiche e organizzative potrebbero avere sulla vita quotidiana dei cittadini, in particolare dei malati cronici e dei pazienti fragili.

Ospedali depotenziati e territori isolati
L’allarme lanciato dall’OMCeO non è solo simbolico. In molte aree della provincia di Isernia, la chiusura o il ridimensionamento dei reparti ha già prodotto effetti tangibili.
Il Santissimo Rosario di Venafro, da ospedale di riferimento, è ormai ridotto a un poliambulatorio; il Caracciolo di Agnone rischia di diventare un presidio di comunità con servizi limitati; mentre il Veneziale di Isernia, l’unico ospedale di secondo livello dell’area, è in bilico per la possibile perdita di emodinamica e punto nascite.
Queste decisioni, denunciano i medici, compromettono l’intero sistema di risposta sanitaria.
Per chi vive nei paesi di montagna o nelle zone interne, un’emergenza medica — un infarto, un ictus, un incidente — può diventare una corsa contro il tempo, spesso senza lieto fine.
Le distanze, le strade impervie e la scarsità di ambulanze medicalizzate rendono impossibile garantire interventi tempestivi.
“Un cittadino di Capracotta — ha detto Crudele — ha forse meno diritti di uno di Campobasso? Il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione vale per tutti, ma nel Molise sembra essersi fermato ai confini delle città più grandi.”
Territorio e ospedale: un equilibrio spezzato
Il Piano Operativo Sanitario promette un potenziamento della medicina territoriale, ma al momento — denunciano i camici bianchi — si tratta di una promessa senza fondi né personale.
Molti medici di base sono prossimi alla pensione e non vengono sostituiti. I pediatri scarseggiano, gli specialisti ambulatoriali lavorano con carichi di lavoro insostenibili.
Le Case di Comunità, previste dal PNRR, restano spesso sulla carta, senza personale né infrastrutture digitali adeguate.
Il risultato è un sistema sanitario sbilanciato e frammentato, in cui né il territorio né l’ospedale riescono a funzionare in modo efficiente.
Il paziente resta solo, disorientato, costretto a spostarsi fuori regione per ottenere una diagnosi o una terapia.
La fuga dei pazienti e dei medici
Le conseguenze di questa crisi si misurano anche in numeri: ogni anno migliaia di molisani scelgono di curarsi altrove, alimentando la mobilità passiva sanitaria, con decine di milioni di euro che lasciano la regione per finire nelle casse di Abruzzo, Lazio e Campania.
Parallelamente, molti giovani medici molisani decidono di trasferirsi fuori regione, scoraggiati da contratti precari, strutture fatiscenti e mancanza di prospettive.
Questa doppia emorragia — di pazienti e professionisti — sta creando un vuoto strutturale che rischia di diventare irreversibile.
Crudele: “Serve un’assunzione di responsabilità politica”
Per l’Ordine dei Medici di Isernia, la responsabilità non è solo tecnica ma soprattutto politica.
“La gestione commissariale è stata fallimentare – ha dichiarato Crudele –. È tempo che il presidente Roberti si assuma le proprie responsabilità e riporti la sanità nelle mani della politica eletta dai cittadini. Solo così si potrà ridare speranza a un territorio che sta morendo lentamente.”
Un futuro incerto
Senza interventi immediati, i molisani rischiano di vivere in una regione dove ammalarsi è un privilegio che non ci si può permettere.
Ogni chilometro in più verso un ospedale funzionante può essere la differenza tra la vita e la morte.
E mentre le istituzioni si scambiano accuse e comunicati, il paziente — come nella metafora di Crudele — resta sul letto di ospedale in attesa di una cura che non arriva.