TERMOLI. Partono i lavori all’ospedale San Timoteo, dove verranno realizzate torri in acciaio sismo-resistenti collegate a ogni piano, con dispositivi in grado di dissipare l’energia di un terremoto. Un intervento all’avanguardia, del valore complessivo di oltre 14,5 milioni di euro, che mira a garantire la piena operatività del presidio anche in caso di eventi sismici.
Un progetto ambizioso e sicuramente necessario, ma che apre una domanda inevitabile: perché si interviene prima a Termoli, città classificata in una zona sismica a rischio moderato, mentre gli ospedali di Campobasso e Isernia – entrambi in zona rossa – restano in attesa di adeguamenti strutturali?
Il Cardarelli di Campobasso e il Veneziale di Isernia rappresentano due pilastri del sistema sanitario regionale, ma da anni convivono con problemi infrastrutturali e limiti di sicurezza noti e segnalati. In caso di evento sismico rilevante, sarebbero tra le strutture più vulnerabili del Molise. Eppure, ad oggi, non risultano piani esecutivi o finanziamenti concreti per un loro reale adeguamento antisismico.
Il paradosso è evidente: mentre si rafforza Termoli – ospedale importante ma non collocato nella fascia più critica della mappa sismica – le strutture che più necessitano di interventi restano in attesa, tra promesse e annunci.
Dal canto suo, la Regione parla di una “programmazione a fasi”, assicurando che i prossimi fondi riguarderanno anche Campobasso e Isernia. Ma intanto, il tempo passa e la sicurezza resta un punto interrogativo.
L’avvio dei cantieri al San Timoteo è una buona notizia, ma rischia di trasformarsi in un simbolo di disparità territoriale se non seguiranno a breve interventi analoghi nelle aree più a rischio. Perché la sicurezza, specie in sanità, non può dipendere dal codice di avviamento postale.







