La Svimez, associazione per lo Sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, ha pubblicato le prime anticipazioni del suo rapporto annuale 2018 dedicato al Sud. E i dati non sono confortanti.

Nel 2019, infatti, «si rischia un forte rallentamento dell’economia meridionale», con la a crescita del Pil che «sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud». Nel corso del 2017 il Mezzogiorno ha proseguito la sua lenta ripresa, ma in un contesto di «grande incertezza» e in assenza di «politiche adeguate» rischia di frenare ancora, con un «sostanziale dimezzamento del tasso di sviluppo» nel giro di due anni.

La Svimez sottolinea in particolare che anche nel 2019 «il livello degli investimenti pubblici al Sud dovrebbe essere inferiore di circa 4,5 miliardi se raffrontato al picco più recente», datato 2010. Se invece nel 2019 fosse possibile recuperare per intero questo gap, si avrebbe una crescita aggiuntiva di quasi un punto percentuale rispetto a quella prevista.

IL SUD HA PERSO QUASI DUE MILIONI DI RESIDENTI IN 16 ANNI

Inoltre, negli ultimi 16 anni, «hanno lasciato il Mezzogiorno 1 milione e 883 mila residenti», la metà dei quali «giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni, quasi un quinto laureati, il 16% dei quali si è trasferito all’estero. Quasi 800 mila non sono tornati». E il numero di famiglie meridionali con tutti i componenti in cerca di occupazione è raddoppiato tra il 2010 e il 2018, passando da 362 mila a 600 mila, mentre al Centro-Nord sono 470 mila. La Svimez parla di «sacche di crescente emarginazione e degrado sociale, che scontano anche la debolezza dei servizi pubblici nelle aree periferiche». E definisce «preoccupante la crescita del fenomeno dei working poors, ovvero del lavoro a bassa retribuzione, dovuto a complessiva dequalificazione delle occupazioni e all’esplosione del part time involontario».

DRAMMATICO DUALISMO GENERAZIONALE

Suscita preoccupazione anche un altro fenomeno, che la Svimez definisce «drammatico dualismo generazionale». E spiega: «Il saldo negativo di 310 mila occupati tra il 2008 e il 2017 al Sud è la sintesi di una riduzione di oltre mezzo milione di giovani tra i 15 e i 34 anni (-578 mila), di una contrazione di occupati nella fascia adulta 35-54 anni (-212 mila) e di una crescita concentrata quasi esclusivamente tra gli ultra 55enni (+470 mila unità)». Si è dunque «profondamente ridefinita la struttura occupazionale a sfavore dei giovani».

MENO STRANIERI RISPETTO AL CENTRO-NORD

Dal punto di vista demografico, inoltre, il peso del Sud è diminuito ed è pari al 34,2%, anche per una minore incidenza degli stranieri. Nel 2017 al Centro-Nord risiedevano infatti 4,2 milioni di cittadini non italiani, rispetto agli 872 mila del Mezzogiorno. Sul fronte dei servizi, i divari rispetto al resto del Paese si fanno sentire anche in campo sanitario. E sempre più frequentemente l’insorgere di patologie gravi costituisce una delle cause più importanti di impoverimento delle famiglie, soprattutto al Sud.