Si è tenuta ieri mattina nel piazzale del centro commerciale “In Piazza” a Isernia la programmata iniziativa di informazione “…questo non è amore”. In occasione della Giornata Internazionale contro la violenza di genere, la Polizia di Stato sceglie di stare vicina alle donne offrendo il supporto di un’equipe di operatori specializzati, formata da personale di Polizia specializzato nei reati di genere, sia della Divisione Anticrimine, della Squadra Mobile, di psicologi e addetti dei centri antiviolenza di Isernia e Rionero Sannitico.
L’iniziativa è stata molto apprezzata da curiosi, passanti e persone che avevano bisogno di un consiglio o di un sostegno. Queste ultime sono state invitate a raggiungere gli uffici di via Palatucci, affinchè, in condizioni di tutela e di privacy, potessero denunciare fatti di cui siano stati vittime o testimoni. La campagna è stata apprezzata anche dagli uomini che, numerosi, si sono fermati a scambiare opinioni e ad esprimere il loro giudizio sulla problematica della violenza di genere.
Il Capo della Polizia Franco Gabrielli, nella Prefazione all’opuscolo che è stato distribuito, ha voluto delineare la funzione degli operatori della Polizia di Stato nel circuito fatto da istituzioni, enti locali, centri antiviolenza, associazioni di volontariato che si impegnano ogni giorno per affermare un’autentica parità di genere, contro stereotipi e pregiudizi.
“Una donna che è vittima di violenza fisica, psicologica, economica, sociale, proprio perché prevaricata in quanto donna e privata di libertà ed autonomia, si sente sola, è rassegnata, prova vergogna, ha paura di ritorsioni per sé stessa e i propri figli, si crede colpevole, teme di non essere creduta. Il poliziotto a cui chiede aiuto deve saper rispondere a questo dolore, consapevole che il più delle volte l’aggressore è una persona a cui la donna è legata da vincoli affettivi che determinano una condizione di grave stress emotivo e psicologico.Non basta applicare la legge, è necessario assicurare alla donna l’accoglienza, informazioni e sostegno necessari ad uscire dalla condizione di soggezione e isolamento che sta vivendo. Quel poliziotto diventa allora uno snodo fondamentale ….”
A fronte della flessione registrata in Italia negli ultimi anni dei delitti tipici (dai femminicidi, alle violenze sessuali, dai maltrattamenti in famiglia agli atti persecutori), si registra un considerevole aumento dell’azione di contrasto (denunce e arresti).
Ma questo risultato non ferma l’impegno: non solo perché il numero assoluto delle vittime continua ad essere inaccettabile, ma perché l’esperienza della polizia e delle associazioni da tanti anni impegnate su questi temi mostra l’esistenza di un “sommerso” che troppo spesso non si traduce in denuncia.
Oltre alla tutela offerta dalla legge, che va dagli strumenti dell’ammonimento al divieto di avvicinamento fino agli arresti domiciliari e al carcere per i casi più gravi, la battaglia più importante si gioca sul campo della prevenzione in cui la Polizia di Stato è impegnata, non solo nel contribuire attraverso l’informazione al superamento di una mentalità di sopraffazione, ma a fare da sentinella per intercettare prima possibile comportamenti violenti e intimidatori.
Già da alcuni anni è operativo il protocollo E.V.A. (Esame delle Violenze Agite), procedura che consente agli equipaggi di Polizia, chiamati ad intervenire su casi di violenza domestica, di sapere se ci siano stati altri episodi in passato nello stesso ambito familiare, attraverso una procedura che prevede la compilazione di checklist che, anche in assenza di formali denunce, spesso giustificate dalla paura di ancor più gravi ritorsioni, consentono di tracciare situazioni di disagio con l’obiettivo di tenerle costantemente sotto controllo e procedere all’arresto nei casi di violenza reiterata. Dall’inizio del 2018, a livello nazionale, all’interno del protocollo sono state inserite più di 4300 segnalazioni.
La Polizia di Stato vuole continuare ad essere in prima linea perché ogni episodio di violenza contro una donna è una sconfitta per tutti.