Vincenzo De Luca ha promosso un evento di 3 giorni a Napoli per riproporre la Questione Meridionale in un confronto che ha visto intervenire analisti, studiosi, imprenditori e amministratori locali oltre al Capo del Governo e a diversi Ministri. Il tema si perde nella notte dei tempi ma non per questo ha perso di attualità. Al contrario, lo spezzatino dei 16 Patti per il Sud firmati dal Governo con le 8 Regioni e le 8 città principali del Mezzogiorno ha reso visibile l’assenza di una strategia nazionale per colmare il divario col Centro-Nord, e fermare l’emorragia di giovani meridionali in cerca di lavoro.
Il Presidente della Campania ha denunciato lo scarto infrastrutturale, nella logistica, nei trasporti, nella banda larga, negli investimenti per le Università e nei settori a maggior valore aggiunto dell’innovazione e della ricerca. Ha evidenziato che le grandi aziende dello Stato sono fuggite dal Sud disinvestendo o intervenendo in modo episodico facendo riferimento esplicito a FINMECCANICA, FINCANTIERI e FERROVIE DELLO STATO.
Ovviamente il disimpegno di Eni, Enel, Anas, Telecom, Poste Italiane, Autostrade, Invitalia e altri operatori nazionali si muove sulla stessa lunghezza d’onda salvo rare eccezioni. Se si pensa che anche l’Istituto SVIMEZ nato come Centro Studi Statistico sul Mezzogiorno da tempo è stato trasferito da Napoli a Roma e che in tutto il Sud non è rimasta nessuna Banca di rilievo nazionale c’è poco da essere ottimisti.
La proposta lanciata da De Luca di assumere 200 mila giovani nella Pubblica Amministrazione nel Meridione è stata accolta con freddezza dal Ministro dello Sviluppo Calenda e dal Ministro dell’interno Alfano che si sono affrettati a richiamare la priorità negli investimenti produttivi per le imprese e lo sviluppo. Con l’aiuto di uno stuolo di opinionisti hanno riproposto un falso dualismo tra virtuosi incentivi alle imprese tesi ad accrescere la competitività del sistema produttivo contro una misura derubricata con troppa fretta come un provvedimento assistenziale. E’ utile riprendere la proposta del Presidente della Campania per chiarire l’impellenza di una questione emergenziale che vede tassi di disoccupazione giovanile elevatissimi al Sud con punte del 50% che stanno bruciando due generazioni e l’unico sbocco a questo dramma non può tornare ad essere solo l’emigrazione.
Nell’ultimo ventennio la Pubblica Amministrazione secondo alcune stime tra i 600 ed i 900 mila addetti con uno snellimento che ha compromesso l’efficienza e la qualità di molti servizi pubblici a partire dai sistemi sanitari alla scuola. L’esternalizzazione, la precarizzazione e la privatizzazione di molte attività della Pubblica Amministrazione si sono tradotte in meno prestazioni per i cittadini, meno diritti per i lavoratori e maggiori costi per lo Stato. Su ciò che è accaduto in Italia nella Seconda Repubblica c’è bisogno di andare oltre gli slogan preconfezionati dalle banche d’affari straniere.
Per questo l’ipotesi di assumere con contratti stabili e sicuri, 200 mila giovani meridionali, merita di essere condivisa e rilanciata in tutto il Mezzogiorno per trattenere sul territorio competenze essenziali per far funzionare dignitosamente la sanità, le Università, la scuola, gli enti locali, la pubblica sicurezza e la giustizia. Questo investimento migliorerebbe la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici meridionali agevolando gli investimenti produttivi e la competitività delle imprese. Il Sud non si faccia schiacciare dal falso dualismo tra competizione e assistenza, e trattenga i suoi giovani sul proprio territorio se non vuole rinunciare al proprio futuro.