La disposizione governativa sulla separazione delle strutture Covid, dettata in base alle deduzioni scientifiche, sarebbe un primo rimedio immediato, anche nel Molise, alla impreparazione in cui si è fatta cogliere la sanità pubblica (non parliamo di quella privata) di fronte al contagio.
La scelta di inserire Larino nella rete nazionale della prevenzione per evitare o ridurre drasticamente epidemie da virus, non solo risponde alla suddetta ineludibile esigenza sanitaria, ma lancia un segnale importante verso un interesse più generale di carattere nazionale, superando il piccolo cabotaggio localistico, recuperando una struttura importante altrimenti sprecata, ed aprendo una breccia per invertire la tendenza nel Molise, in favore della riqualificazione e della espansione della sanità pubblica.
La sanità privata infatti, anche nel Molise, non solo ha tolto risorse al diritto alla salute trasferendole ai dividendi degli azionisti, ma ne ha orientato l’utilizzo in base al profitto privato, non in base alle effettive esigenze territoriali di prevenzione e cura. La terapia intensiva, ad esempio, non conveniva al profitto nella sanità privata, ma anche nel pubblico si è limitata per i tagli antisociali. Privatizzazione e tagli della sanità pubblica, sono una delle cause principali del disastro sociale e umano appena vissuto.
Il governatore sovranista del Molise Toma, alleato di Salvini e Meloni, e i vertici burocratici della ASREM, nella loro opposizione a questo disegno asseriscono in sostanza che non vi sarebbero le condizioni tecniche. Ma le condizioni tecniche se non ci sono vanno create, ed è proprio questo il compito di un governo regionale (salvo che vi siano fini di ostacolare lo sviluppo di una sanità pubblica riqualificata), tanto più quando è persino il governo nazionale che ti offre le risorse .
Ed è appena il caso di ricordare – come la scienza e la storia ci insegnano – che le epidemie ci sono sempre state e sempre ci saranno in natura e nel rapporto di contagio tra l’uomo e il mondo animale, oggi spesso dovute anche alla mala gestio ambientale: bisogna essere pronti per l’emergenza.
Ed infatti, la differenza con il Medio Evo e i secoli scorsi è che, essendo oggi la scienza in uno stadio avanzato, non saremmo dovuti trovarci nel 2020 con la “quarantena medievale ”.
La riforma sanitaria di fine anni ’70, conquista sociale ancorché parziale delle lotte dell’epoca, faceva perno proprio sulla prevenzione, “prevenire meglio che curare” . Ma è rimasta anch’essa carta straccia, travolta dalla unica vera legge che in questo sistema è rimasta dominante: quella dell’aziendalismo e del profitto a cui, manco a dirlo, conviene più curare che prevenire, salvo poi a ridurre anche gli stessi accessi alle cure soprattutto per i ceti meno abbienti.
La scelta che si prospetta per Larino è dunque un buon segnale per invertire la rotta.