Anche nel Molise ed in particolare nell’area industriale di Termoli impressiona vedere la commozione lirica della stampa padronale e dei media nel compiangere Marchionne quale amministratore delegato di FCA, magnificarne la memoria, esaltarne le gesta.

Il pur dovuto e civile rispetto dell’umano cordoglio ha assunto tuttavia una impressionante uniformità nello slancio retorico verso un nuovo eroe dei due mondi, sintesi di patriottismo e internazionalismo (…del capitale), sicché nessuna critica è “moralmente” consentita e ogni voce fuori dal coro diventa tradimento patrio.

Ma l’umano rispetto del lutto non può però offuscare che il “miracolo di Marchionne” ha il segno della lotta di classe in favore del capitale; altro che interesse dell’impresa come interesse generale della società! La società ha pagato a peso d’oro il parassitismo degli azionisti.

L’unica vittoria che Marchionne ha assicurato riguarda il portafoglio degli azionisti FIAT: sede legale della FIAT ad Amsterdam, sede fiscale a Londra, propria residenza personale in Svizzera, per pagare meno tasse possibili; fusione con la Chrysler in bancarotta grazie alle risorse pubbliche garantite da Obama (garanzia pubblica dei prestiti ottenuti), saccheggio di fondi pensione e sanitari dei lavoratori americani, drastico taglio del loro salario, blocco per cinque anni del loro diritto allo sciopero (con il sindacato UAW complice); risanamento del debito aziendale della famiglia Agnelli, grazie a chiusure di stabilimenti, falcidie dei posti di lavoro, cancellazione dei diritti sindacali individuali e collettivi.

E in Italia invece che piena occupazione chiusura di fabbriche (a partire da Termini Imerese), una valanga di nuova cassa integrazione, un contratto aziendale separato che prevede più turni, taglia le pause.

Vieta lo sciopero, sbatte la FIOM fuori dai cancelli (salvo reintegro giudiziario) come mai era avvenuto neppure negli anni ’50. Il tutto con l’arma più odiosa del ricatto (o accettate la distruzione dei diritti o ce ne andiamo) e con il ripristino dei famigerati reparti confino (Nola) per gli operai recalcitranti per “uniformare il contratto dei lavoratori italiani al contratto dei lavoratori americani”.

L’intero padronato italiano, grazie alla complicità sindacale, è entrato successivamente nel varco aperto da Marchionne, generalizzando la sua vittoria.

La classe operaia non ha avuto una direzione all’altezza del livello di quello scontro. A parte il naturale servilismo filo padronale di CISL, UIL, UGL e compagnia, la FIOM rifiutò di occupare Termini Imerese, e poi di unire in una lotta sola gli operai dei diversi stabilimenti della FIAT, votandosi alla sconfitta fabbrica per fabbrica in ordine sparso.

Le burocrazie sindacali accettarono negli anni successivi proprio il modello imposto da Marchionne, firmando la capitolazione al padronato. Landini ha concluso la propria carriera di segretario FIOM siglando il peggior contratto della storia dei metalmeccanici, assunto oggi a riferimento da Confindustria come paradigma dei contratti futuri.

CGIL e FIOM tacciono pudicamente, perché non possono neppure rivendicare il vecchio disaccordo col padrone nel momento in cui si sono arresi.

Noi diciamo a voce alta, tanto più oggi, che la lotta per cancellare le vittorie di Marchionne è parte della lotta per la costruzione di un’altra direzione, sindacale e politica, del movimento operaio.