Più che mai, i valori più alti della lotta partigiana di Liberazione, tornano attuali anche nel Molise, di fronte alla pericolosa deriva reazionaria ed antisociale, all’arretramento drastico della coscienza di classe nelle masse lavoratrici e delle loro lotte.

E’ necessario ridare forza alla rivendicazione di chiudere i covi fascisti, alle iniziative di contrasto verso i veleni di stampo medievale, fascio leghisti e xenofobi, diretti a fuorviare la rabbia sociale verso falsi obiettivi e guerre tra poveri; bisogna fermare lo sdoganamento di questa bieca propaganda da atto criminale a “opinione legittima tra le tante” , ricostruire la memoria storica della barbarie fascista, sin da sua nascita negli anni ’20.

In questa ottica si colloca la valenza sociale e culturale della nostra richiesta di togliere la vergognosa intitolazione di una delle principali vie di Isernia a “Berta Giovanni” , assurto a simbolo di quello squadrismo criminale e vigliacco degli anni ’20 nelle campagne toscane che, protetto dall’esercito regio, pagato da latifondisti e padroni, massacrò e assassinò decine di braccianti e operai, devastò le camere del lavoro e le sedi di organizzazioni comuniste e socialiste che ne difendevano i diritti contro gli sfruttatori. Questa vergognosa intitolazione deve avere fine, ed è l’unica rimasta in Italia: chiediamo che questa via venga intitolata allo scrittore partigiano Jaime Pintor morto giovanissimo per la libertà, ai piedi di Monte Marrone proprio nelle vicinanze di Isernia. Così in questi tempi di oblio della storia, soprattutto i giovani che passeranno in quella strada, magari avranno occasione di chiedersi chi era quel partigiano, quali alti valori attuali rappresentava e quanto tali valori sono importanti, per impedire il ripetersi di orrori passati e per costruire un futuro migliore.

Sappiamo, però, che questo non basta: l’antifascismo o riconquista la sua valenza anticapitalista o rischia di rimanere vuota retorica: le stesse classi capitaliste che foraggiarono la barbarie fascista sono rimaste al potere anche dopo il ’45 sino ai tempi di oggi, con il loro stato e la loro giustizia di classe, come dimostra il grottesco “processo” ai sette antifascisti molisani (tra il cui esponenti del PCL MOLISE) per aver manifestato a Isernia cantando “Bella Ciao”, mentre un manipolo di neofascisti potevano fruire di una sala istituzionale; fu intentato nel 2011 ad opera di un PM di Isernia ma fallì miseramente con una pregevole sentenza di assoluzione; questo Pm a sua volta è indagato, su denuncia del PCL MOLISE nelle proprie difese legali, per abuso del potere giudiziario contro la libertà di espressione, con inchiesta pendente presso la Procura di Bari e il CSM, anche se non sono questi i veri e precipui mezzi di lotta in cui crediamo.

Con la complicità delle burocrazie staliniste, la Resistenza fu fermata nel suo slancio rivoluzionario verso il socialismo, e tradita, dietro il paravento di astratti principi giuridici pur “progressivi” della Costituzione, chiaramente destinati a rimanere carta straccia nel sistema capitalista fondato sullo sfruttamento, dal salario per una vita libera e dignitosa, al diritto al lavoro, alle cure, alla casa, all’istruzione, alla non discriminazione di genere e di nazionalità, alla difesa dell’ambiente.

Nel mentre la sciagurata mancata epurazione dagli apparati statali e l’amnistia in favore del fecciume fascista dello stalinizzato Togliatti, fu l’altra beffa aggiunta al danno, verso tutte le vittime delle loro stragi, dei loro crimini di guerra e genocidi, in Italia, in Africa e nei Balcani.

Riportare in alto la bandiera dell’antifascismo oggi significa ricostruire un blocco sociale unitario ed anticapitalista intorno alla classe operaia e lavoratrice, come riferimento principale delle lotte di tutta la parte di popolazione che vive disagi e oppressioni, italiana e migrante, dalle lotte in difesa delle condizioni di vita, del lavoro, dell’ambiente, contro l’oppressione di genere e le discriminazioni razziali, nella prospettiva di un governo dei lavoratori che rovesci la dittatura di una minoranza di capitalisti, per creare quella società più libera e più giusta a cui aspiravano i tanti partigiani che hanno sacrificato le loro giovani vite.

Questa è una via difficile, nella fase di debolezza e arretramento che stiamo vivendo, ma non rimane altro da fare: rimboccarsi le maniche ripartendo dal grande insegnamento dei partigiani, sussunto nel loro significativo inno: “fischia il vento e infuria la bufera, scarpe rotte e pur bisogna andar, a conquistare la rossa primavera, dove sorge il sol dell’avvenir”!

Il coordinatore del P.C.L. MOLISE

Tiziano Di Clemente