Un’emergenza raccontata a metà
di Pietro Tonti
In Italia il tema della violenza di genere è — giustamente — al centro del dibattito pubblico. I femminicidi e le aggressioni ai danni delle donne rappresentano una ferita aperta nella società, un fenomeno che richiede prevenzione, cultura, leggi efficaci e un impegno costante delle istituzioni.
Tuttavia, accanto a questa enorme emergenza, esiste un’altra realtà sociale che raramente trova spazio nella narrazione mediatica: quella degli uomini separati e dei padri in difficoltà dopo la fine di una relazione.
Non si tratta di contrapporre un dolore all’altro.
Non si tratta di ridimensionare il dramma della violenza sulle donne.
Il punto è diverso: anche il disagio maschile merita di essere raccontato, perché migliaia di uomini finiscono in condizioni di vulnerabilità estrema senza che la loro situazione emerga nel discorso pubblico.
Le storie degli “invisibili”: padri che cadono nella marginalità
Le associazioni che seguono i padri separati raccontano storie simili tra loro, spesso accomunate da un tratto: la solitudine.
Molti uomini, dopo la separazione, perdono la casa familiare, devono affrontare il pagamento dell’assegno di mantenimento e allo stesso tempo sostenere un affitto che diventa economicamente insostenibile.
C’è chi finisce per vivere in auto, in roulotte, in camere condivise, o in piccoli monolocali presi come ripiego. Altri si affidano a parenti o amici per non scivolare verso la strada.
Un uomo su tre, secondo alcune stime delle associazioni del settore, dopo la separazione entra in difficoltà economica.
Molti non lo dichiarano, per pudore, per orgoglio o per paura del giudizio sociale.
“Sono passato da padre presente a visitatore del fine settimana”
raccontano in molti.
E la sofferenza non è solo economica.
La distanza quotidiana dai figli, il senso di fallimento, la percezione di non avere tutele adeguate diventano un peso psicologico enorme.
Un sistema giudiziario lento e spesso squilibrato
Gli esperti parlano di un sistema giudiziario che fatica ad aggiornarsi, soprattutto nei tribunali più congestionati.
Le separazioni giudiziali possono durare anni, con provvedimenti temporanei che rischiano di diventare definitivi di fatto.
Non esiste una vera uniformità nelle decisioni: molto dipende dal giudice, dal territorio, dal livello di conflittualità.
Tre criticità ricorrenti:
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assegnazione della casa familiare, spesso alla madre quando ci sono figli minori;
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tempi di affido non sempre equilibrati (la bigenitorialità è un principio, ma non sempre una prassi);
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oneri economici che, sommati, portano diversi uomini oltre la soglia di sostenibilità.
Gli avvocati familiaristi lo ripetono da anni: serve una riforma organica che renda le decisioni più rapide, più uniformi e orientate realmente al benessere dei figli, evitando che uno dei genitori — uomo o donna — finisca schiacciato.
Bigenitorialità: un principio ancora lontano dalla realtà
La legge italiana prevede l’affido condiviso, ma nella pratica molti padri lamentano una gestione sbilanciata.
In diversi casi, il rapporto tra padre e figli rischia di ridursi al “weekend”, con un ruolo di cura quasi accessorio.
Il risultato è una sofferenza doppia:
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per i padri, che si sentono esclusi;
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per i figli, che perdono una quotidianità fondamentale.
La questione non è “assegnare diritti a uno o togliere diritti all’altro”:
la questione è capire che la buona crescita dei figli passa da entrambi i genitori, salvo ovviamente i casi — gravi e purtroppo frequenti — in cui vi sono violenze o rischi concreti.
Chi scende in campo per gli uomini?
Rispetto ai centri antiviolenza per le donne, molto strutturati e diffusi, i servizi per gli uomini separati sono ancora pochi e poco conosciuti.
Tuttavia, negli ultimi anni sono nati:
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associazioni per la bigenitorialità e la tutela dei padri;
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sportelli psicologici per uomini in difficoltà emotiva o post-separazione;
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gruppi di ascolto;
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servizi di mediazione familiare;
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enti locali che offrono supporto abitativo temporaneo.
La richiesta che arriva da chi vive questa situazione è chiara: non chiedono privilegi, chiedono equilibrio, ascolto, dignità.
Verso una tutela senza etichette di genere
Una società matura deve essere in grado di affrontare contemporaneamente più fronti:
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combattere la violenza contro le donne, che resta un’emergenza primaria e non negoziabile;
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riconoscere i diritti e le difficoltà degli uomini separati, senza tabù;
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proteggere i figli, riducendo il conflitto e promuovendo la mediazione;
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rafforzare la cultura del rispetto reciproco, base di ogni relazione sana.
Il punto non è “chi è più vittima”.
Il punto è che la sofferenza non ha genere e merita tutela sempre, da qualunque lato si manifesti.
Un dibattito che serve a tutti
Rendere visibile il disagio dei padri separati non significa oscurare quello delle donne vittime di violenza.
Significa semplicemente fare un passo avanti: smettere di pensare alla parità come a un gioco a somma zero e iniziare a costruire un welfare familiare e giudiziario moderno, capace di proteggere tutte le persone coinvolte nelle crisi familiari.
Perché una società migliore si costruisce non scegliendo da che parte stare, ma stando dalla parte della giustizia, sempre.







