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Ortis (M5S): Punto nascita Termoli, chiuso per inerzia della politica

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La chiusura del Punto nascita di Termoli è l’epilogo annunciato di una pessima gestione politica della sanità. Primo grande ostacolo che il Ministro Giulia Grillo sta provando a superare con misure che eliminino, una volta per tutte, le mani della politica dalla sanità. Appunto.

Ma veniamo al problema che i cittadini bassomolisani stanno vivendo in queste ore: al San Timoteo di Termoli, da ieri, è ufficialmente chiuso il Punto nascita. Per questo stamattina, con una diretta Facebook, il nostro portavoce al Senato Fabrizio Ortis e i nostri portavoce in Consiglio regionale Andrea Greco e Valerio Fontana, hanno provato a spiegare le cause di ciò che sta accadendo e a fare chiarezza sulle responsabilità della perdita di un servizio di così rilevante importanza.

Come ha spiegato il portavoce al Senato Fabrizio Ortis, “le donne del basso Molise, nel corso degli anni, non si sono più fidate del reparto che non riesce a garantire, da almeno 5 anni, quei criteri di sicurezza previsti: la qualità dei servizi erogati è andata via via a degradarsi per la mancanza di una sala operatoria ad hoc, per la carenza di pediatri e per altri standard di sicurezza, decisi nella Conferenza Stato – Regioni del 2010 che il reparto del San Timoteo non raggiungeva. Deve essere chiaro a tutti che questi problemi giungono da anni di mala gestione da parte di Commissari ad Acta che erano anche presidenti di Regione. Dal 2001 c’è stata la Riforma del Titolo V, siamo cioè passati da un Servizio Sanitario Nazionale a 21 Servizi Sanitari Regionali. Questo ha determinato, innanzitutto, l’esplosione della spesa pubblica perché, all’improvviso, 21 governatori regionali si sono ritrovati dalle mani un ‘giocattolo’ che gli consentiva di gestire tanti soldi con lo scopo di migliorare la qualità dei servizi sanitari nella loro regione. Invece questo ‘gioco’, in tutti questi anni, è servito a curare le clientele e non le persone. C’è stata una vera e propria esplosione di centri ospedalieri, punti nascita, servizi sanitari, perché era semplice fare leva su questo meccanismo per dare spazio a più persone, o meglio a più amici. Ciò è accaduto in tutto il Molise ed ha contribuito a diluire i servizi, purtroppo anche in termini qualitativi. Uno di questi è il Punto nascita di Termoli che dal 2014 non garantisce il minimo necessario di 500 parti l’anno, ma che nel 2018 si è fermato a 353 parti. Questo, stando a quanto deciso in Conferenza Stato – Regioni (mantenere un numero minimo di 1000 parti l’anno) ci taglia fuori, con la possibilità di andare in deroga qualora sussistano determinati standard di sicurezza. Ed è proprio qui il punto. Questi standard di sicurezza non ci sono, e questo è noto dal 2014, da quando cioè la Regione Molise ha avuto dei richiami sia dai tavoli tecnici che dai ministeri. Dal 2014 i Commissari ad Acta e presidenti di Regione vengono sollecitati a porre rimedio a questa carenza dei servizi, ma nulla è stato fatto. Così siamo giunti al punto in cui le strutture preposte non hanno potuto far altro che decretare la chiusura del Punto nascita del San Timoteo. Dal 2007, da quando cioè siamo in piano di rientro, siamo governati da persone che avevano interesse a ricompensare chi li aveva messi in quella posizione e ad assecondare le esigenze degli amici. E sono le stesse persone che ora attaccano il MoVimento 5 Stelle che, com’è chiaro a tutti, non governa in Regione Molise e che a livello nazionale sta facendo tutto il possibile per far fronte ai disastri fatti in questi anni. Ad esempio, con il Decreto Calabria, abbiamo sbloccato il turnover che fino ad ora non era possibile per le Regioni commissariate. Questo non sarà chiaramente sufficiente ad impedire la chiusura del Punto nascita di Termoli, ma è un piccolo passo in avanti. Ed è giusto che i molisani sappiano come di chi sono le gravi colpe di una situazione che rammarica tutti noi.

 

Rammarica in particolare i portavoce del basso Molise, come Valerio Fontana che ha affermato: “Sono ore tristi per la comunità termolese e basso molisana. Senza dubbio la chiusura del Punto nascita di Termoli è l’atto più triste che mi trovo a commentare dall’inizio della mia attività istituzionale in Consiglio regionale. Con i miei colleghi portavoce M5S abbiamo messo la sanità al primo posto sin dal primo giorno iniziando con il nostro ‘Tour della sanità’ e visitando, tra gli altri, l’ospedale  San Timoteo e tutti i suoi reparti, primo fra tutti quello di ginecologia. Non solo, siamo stati in diversi tavoli con i vertici Asrem fino ad arrivare al ministero. Ma, cosa più importante, abbiamo interloquito con il Comitato Tecnico Percorso Nascita, adibito a verificare se un punto nascita abbia o meno i requisiti per restare attivo sul territorio. Abbiamo incontrato il presidente del Comitato Percorso Nascita, persona competente e disponibile, che ci ha mostrato con chiarezza  e assoluta trasparenza il loro modus operandi, facendoci osservare una griglia di valutazione molto dettagliata. Tra i requisiti più importanti inseriti nelle voci della griglia, ovviamente, vi è il raggiungimento dei 500 parti nell’arco di un anno. Termoli, come ormai sappiamo tutti, non ha raggiunto questo requisito. L’ovvia e tragica conseguenza è quindi che il Punto nascita deve chiudere. La causa di tutto ciò è la cosiddetta ‘mobilità attiva’: ciò significa che tante persone basso molisane sono andate a partorire altrove, invece che a Termoli. A Vasto, dati alla mano, hanno partorito ben 230 mamme basso molisane di cui 182 termolesi. Questi dati rendono chiaro a tutti che il Punto nascita di Termoli non è sicuro. Dovrebbe avere in organico 8 ginecologi e ne ha solo 3, non ha una sala operatoria all’interno nel suo reparto, non ha anestesisti fissi e non è disponibile il servizio di trasporto per emergenza neonatale. E questo vuol dire che un protocollo Sten non è mai stato attivato nella nostra regione. Noi con le eccedenze dei nostri stipendi, invece, siamo riusciti a comprare e donare all’Asrem l’ambulanza neonatale con la speranza di salvare quel Punto nascita. Ma la verità è che sarebbe stata un’impresa ai limiti del possibile salvarlo, poiché era indifendibile già da troppo tempo. Le vere cause di questo dramma basso molisano vengono da lontano, e per ridurre questo reparto in tali condizioni ci sono voluti anni ed anni di mala-gestione, inefficienza e menefreghismo da parte della politica sanitaria regionale.”