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Omicidio Luca Varani – Manuel Foffo è molisano di Salcito. La tremenda confessione al padre l’avrebbe fatta di ritorno dal funerale dello zio sabato nel tragitto Bagnoli del Trigno Roma.

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di Pietro Tonti

Manuel Foffo è di origini molisane. Il nonno di Salcito. Il padre trapiantato a Roma da giovane. L’omicida, cresciuto nella capitale e di tanto in tanto di ritorno nel Molise a Bagnoli del Trigno dove viveva lo zio, il fratello della madre deceduto venerdì scorso. Questa la notizia che avremmo voluto non apprendere in quanto non ci riempie assolutamente di orgoglio. Una famiglia per bene che si ritrova da un momento all’altro alla ribalta della cronaca nazionale per un omicidio pianificato da un giovane in preda a lucida follia.

Secondo testimoni di Bagnoli del Trigno, sabato scorso, Manuel accompagnato dal padre Valter,  era presente al funerale dello zio a Bagnoli. Proprio nel tragitto di ritorno a Roma Manuel, avrebbe confidato al padre dell’omicidio.

Dopo aver messo a segno il loro piano diabolico – uccidere una persona “per vedere che effetto faceva” – Manuel Foffo e Marco Prato, ancora strafatti di alcol e cocaina, si sono addormentati con il cadavere di Luca Varani nella stanza. Soltanto ore dopo si svegliano e realizzano cosa è accaduto. Scrive il Messaggero, che riporta stralci del verbale di Foffo:

“Abbiamo avuto l’intenzione di sbarazzarci del corpo”. Forse – sospettano gli investigatori – avrebbero voluto farlo a pezzi. Intanto puliscono dappertutto, prendono i vestiti e il cellulare di Luca, escono di casa, lasciando il cadavere sul letto, e buttano tutto in un cassonetto in via Magna Grecia. A San Giovanni si fermano a bere un bicchiere di vino e Prato dice che quanto è successo è terribile e che vuole uccidersi.

Cosa che non gli riuscirà. A morire, in questa storia da incubo, è solo il povero Luca, 23 anni, la preda selezionata a caso da Marco. Un ragazzo che, secondo le dichiarazioni di Manuel, “si prostituiva”. L’aggancio sarebbe avvenuto per 120 euro. È ancora il Messaggero a riportare le parole di Manuel Foffo:

“Ci siamo chiusi in casa mercoledì 2 marzo. Non abbiamo mai mangiato né dormito. E abbiamo chiamato più volte lo spacciatore per farci portare la cocaina. Quanti grammi non so, ho speso 1500 euro. Abbiamo bevuto fino a scoppiare. Volevamo vedere fino a dove resistevamo” […].

Arriva venerdì. “Eravamo stati chiusi in casa per due giorni, ad assumere di tutto. Usciamo alle 8:30 del mattino. Cerchiamo qualcuno da uccidere. Finché a Marco non viene in mente Luca. Io so poco di lui, so solo che si prostituiva”. Partono i primi messaggi whatsapp. Prato scrive: “Ti do 120 euro se vieni qui”. L’aggancio è avvenuto. “Sono solo in casa”, aggiunge. Varani arriva al Collatino pensando che ci sia solo Marco”.

Una volta arrivata la preda, i due assassini eseguono il piano. “Ricordo solo che la morte è avvenuta dopo tanto tempo e Luca ha sofferto molto. Lo abbiamo davvero torturato”, confessa ancora Foffo. A colpirlo sono entrambi, anche se – nel racconto di Manuel – è stato Marco a infliggergli la coltellata al cuore. “In quel momento provavo vergogna, ma non sono stato in grado di fermarmi. Ci dicevamo solo che dovevamo ammazzarlo”, continua Foffo.

Il padre di Foffo: «Voglio credere sia colpa della droga altrimenti mio figlio è un mostro»

Parla Valter Foffo il padre: i carabinieri l’hanno ammanettato nel mio studio, davanti a me. I debiti e le colpe si pagano sempre»

«Voglio credere che sia stata la droga a mandarlo fuori di testa, altrimenti cosa dovrei pensare, di aver generato un mostro?». Sabato pomeriggio Valter Foffo ha scoperto di avere un figlio assassino. Manuel, che poi si è autoaccusato anche davanti al pm, ha confessato prima al padre cos’era successo in casa: «Papà abbiamo ammazzato una persona». Erano ai funerali dello zio «morto giovedì», tutta la famiglia e anche Manuel appunto, il figlio «intelligente e studioso» quel giorno insolitamente «strano, imbambolato, non riusciva a parlare e io, da astemio, ho pensato fosse ubriaco…». «Hai bevuto?». «No papà, ho preso della cocaina». «Cocaina? Ma ti rendi conto di quanto sei sceso in basso?». «No papà, sono sceso molto più in basso». Altri quattro secondi per finire la frase, «abbiamo ammazzato una persona», e cambia per sempre la vita dei Foffo, «gente perbene» ripete il quartiere, padre superimpegnato tra il ristorante «Dar Bottarolo» a Pietralata e la sua agenzia di pratiche automobilistiche in cui lavora anche l’altro figlio, Roberto, avvocato. Valter è in buoni rapporti anche con l’ex moglie che vive proprio sotto l’appartamento di suo figlio Manuel, teatro del delitto: «Lei dice di non aver sentito nulla, bisognerà capire quando è avvenuta la morte».