“Alleggerire la pressione sugli ospedali investendo seriamente sull’assistenza territoriale. Ma per farlo è necessario prima confrontarsi con chi conosce i problemi della sanità molisana”.

Lo chiede l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della provincia di Isernia, alla luce del DM 77/2022, pubblicato nel mese di giugno 2022 sulla Gazzetta Ufficiale.

“Il nuovo regolamento sulla riforma sanitaria territoriale – afferma il presidente, Fernando Crudele – può rappresentare una vera e propria svolta in un territorio caratterizzato da ospedali ormai al collasso (spogliati di servizi, personale e posti letto) e da una popolazione sempre più anziana”.

I dati Istat (2021) parlano chiaro: oltre 76mila abitanti hanno più di 65 anni, con un trend in costante crescita. Questa fascia di età è passata dal 21,1% del 2002 al 25.9% del 2021.

L’invecchiamento della popolazione non accenna a rallentare, così come l’incremento dei pazienti cronici.

“Con l’assistenza spostata dal centro alla periferia – è il parere del presidente del’Omceo Isernia – si potrebbero filtrare notevolmente le richieste rivolte ai pronto soccorso e agli ospedali. Si potrebbe arrivare casa per casa o, comunque, in molti casi ci si fermerebbe alle strutture intermedie. Ecco perché, a mio avviso, non bisogna lasciarsi sfuggire questa opportunità. Gli ospedali funzionerebbero meglio. Da tempi non sospetti parliamo di assistenza territoriale e telemedicina – aggiunge – ma di fatto continuiamo a predicare nel deserto. Chi di dovere ci ignora”.

I contenuti della riforma sanitaria territoriale

 

Ma cosa prevede la riforma sull’assistenza territoriale?

Si parte dai distretti sanitari, in media uno ogni 100mila abitanti (quindi il Molise potrebbe averne tre).

In seno ai distretti giocherebbe un ruolo di prim’ordine la Casa della Comunità Hub, una ogni 40-50mila abitanti (in Molise ne verrebbero istituite 6 o 7). Qui i pazienti troverebbero assistenza 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.

Ci sono poi le Case della Comunità Spoke e i medici di famiglia e pediatri (definiti spoke delle case della comunità), collegati in rete per garantire aperture di 12 ore al giorno, 6 giorni su 7.

In queste aggregazioni territoriali è previsto almeno un infermiere di famiglia, (uno ogni 3mila abitanti) e almeno un’unità speciale di continuità assistenziale (un medico e un infermiere) ogni 100mila abitanti.

Inoltre è prevista una centrale operativa territoriale ogni 100mila abitanti e almeno un ospedale di comunità, con 20 posti letto, ogni 100mila abitanti.

I servizi offerti dalle Case della Comunità

 

In particolare la Casa di Comunità Hub può garantire numerosi servizi, anche attraverso la telemedicina, con équipe multi professionali. Mentre la presenza medica è garantita 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, anche attraverso l’integrazione della continuità assistenziale.

Previsti inoltre servizi diagnostici finalizzati al monitoraggio della cronicità, oltre ai servizi ambulatoriali specialistici per le patologie a elevata prevalenza (cardiologo, pneumologo, diabetologo, ecc.).

Un ruolo importante altrettanto importante è destinato a giocarlo l’infermiere di famiglia e comunità. È infatti destinato a diventare un punto di riferimento nella terapia domiciliare.

Il ruolo della telemedicina

 

La riforma potrebbe trarre ulteriore giovamento proprio dalla telemedicina: si potrebbero fare “televisite” da casa o dagli studi dei medici di famiglia. Ma soprattutto potrebbe rivelarsi utile per creare una vera e propria rete che colleghi ospedali, ospedali di comunità e case di comunità.

Per non parlare del monitoraggio da remoto del paziente, attraverso appositi device.

La telemedicina sarebbe dunque trasversale rispetto ai vari attori della nuova assistenza territoriale. Renderebbe tutto il sistema dell’assistenza più snello ed efficace. Oltre che più economico.

Tra l’altro – è opportuno ricordare – che con il recente via libera al “Fascicolo sanitario elettronico, sistemi di sorveglianza nel settore sanitario e governo della sanità digitale” da parte della conferenza Stato-Regioni, si liberano risorse per oltre 600 milioni di euro.

Saranno utilizzate sia per potenziare l’infrastruttura digitale dei sistemi sanitari sia per la formazione digitali degli operatori del mondo della sanità. Sono inoltre disponibili fondi anche per formare gli stessi pazienti.

Insomma: sulla carta la riforma sanitaria territoriale potrebbe portare enormi vantaggi, ancor più in una regione come la nostra, caratterizzata da un territorio prevalentemente montano, dalla viabilità disastrata e con una popolazione sempre più anziana.

L’appello a Toma: per rilanciare la sanità necessario un tavolo di confronto con i medici

 

La Regione Molise è chiamata a svolgere un ruolo da protagonista per portare a compimento questo progetto.

Ma per l’Omceo di Isernia si rischia di partire ancora una volta con il piede sbagliato: “Il presidente Toma – commenta Crudele – sbandiera riforme in ogni occasione, ma noi ci chiediamo: come può attuarle se puntualmente rifiuta il confronto con gli attori principali della sanità? Come pensa di avviare questa vera e propria rivoluzione del nostro sistema sanitario se non ascolta chi i problemi reali della sanità regionale li vive ogni giorno sulla propria pelle?

Per questo chiediamo ancora una volta di incontrarci e confrontarci sulle varie idee progettuali da attuare sul territorio regionale. Facciamolo senza pensare ai colori e agli interessi politici, ma solo ed esclusivamente – conclude – alla salute dei molisani”.