Editoriale di Pietro Tonti

Il Molise è una regione che sembra vivere da troppo tempo in una perenne attesa. Attesa di risposte, di servizi adeguati, di politiche capaci di incidere realmente sulla vita quotidiana dei cittadini. Un’attesa che, anno dopo anno, si trasforma in disillusione, rassegnazione e, per molti, nella scelta obbligata di andare via.

Il sistema politico e istituzionale regionale appare sempre più inadeguato di fronte alle emergenze strutturali che attraversano il territorio. La sanità è il nodo più evidente e doloroso: ospedali depotenziati, reparti chiusi o ridimensionati, carenza cronica di personale medico e infermieristico, liste d’attesa interminabili. Nelle aree interne, dove la popolazione è composta in larga parte da anziani, l’accesso alle cure diventa un percorso a ostacoli, mentre i presidi sanitari di prossimità vengono progressivamente smantellati. Una contraddizione drammatica in una regione che invecchia e che avrebbe bisogno, più di altre, di una sanità territoriale forte ed efficiente.

Parallelamente cresce la povertà. Sempre più famiglie faticano a sostenere le spese quotidiane, tra caro-bollette, inflazione e redditi insufficienti. Il ceto medio, già fragile, si assottiglia, mentre aumenta il numero di nuclei che scivolano verso condizioni di disagio economico. I servizi sociali, spesso sottofinanziati, non riescono a intercettare e sostenere tutte le situazioni di bisogno, lasciando molti cittadini soli di fronte alle difficoltà.

Il lavoro rappresenta un altro punto critico. Il Molise offre prevalentemente occupazione precaria, stagionale o a basso reddito. Le opportunità per i giovani sono limitate e poco qualificate, con un tessuto produttivo incapace di assorbire competenze e professionalità. Il risultato è un’emorragia costante: migliaia di giovani lasciano ogni anno la regione per cercare futuro altrove, impoverendo ulteriormente il territorio dal punto di vista umano, culturale ed economico.

Lo spopolamento delle aree interne è una delle conseguenze più evidenti di questo fallimento sistemico. Borghi un tempo vitali si svuotano, restano gli anziani, spesso soli, con crescenti bisogni assistenziali. Senza servizi, senza trasporti adeguati, senza presidi sanitari, queste comunità vengono lentamente condannate all’estinzione. Eppure, nonostante i proclami sulla valorizzazione delle aree interne, le politiche concrete continuano a essere frammentarie e inefficaci.

A tutto questo si aggiungono una burocrazia lenta e farraginosa, che scoraggia cittadini e imprese, e infrastrutture inadeguate allo sviluppo. Collegamenti stradali e ferroviari insufficienti, isolamento logistico, digitalizzazione incompleta: fattori che rendono il Molise poco attrattivo per nuovi investimenti e penalizzano le attività già presenti sul territorio.

Il quadro che emerge è quello di una regione bloccata, dove la politica sembra rincorrere le emergenze senza una visione di lungo periodo. Manca una strategia complessiva capace di tenere insieme sanità, lavoro, welfare, sviluppo e coesione territoriale. Le istituzioni appaiono distanti dai bisogni reali delle persone, più concentrate sulla gestione dell’esistente che sulla costruzione di un futuro possibile.

Il Molise non chiede miracoli, ma risposte concrete, programmazione seria e responsabilità. Senza un cambio di passo deciso, il rischio è che questa regione continui a svuotarsi, a invecchiare, a spegnersi lentamente, mentre i cittadini perdono fiducia in una politica che non riesce più a rappresentarli né a tutelarli. Una crisi che non è solo economica o sociale, ma profondamente democratica.

Eppure, nel tempo del Natale, anche il Molise è chiamato a fermarsi e a interrogarsi. Il Natale non è soltanto una ricorrenza di fede, ma un tempo simbolico di rinascita, di responsabilità e di speranza concreta. Non bastano gli auguri né le celebrazioni rituali se non sono accompagnati da scelte coraggiose e realizzabili. La speranza, per non restare parola vuota, deve tradursi in proposte fattibili: una sanità territoriale realmente vicina ai cittadini, politiche del lavoro capaci di trattenere i giovani, investimenti sulle aree interne, una burocrazia semplificata e infrastrutture adeguate a collegare il Molise al resto del Paese.

Il Natale può e deve essere il momento in cui si riscopre il valore della comunità, del bene comune e della cura verso chi resta indietro. È da qui che può nascere una nuova stagione, non di promesse, ma di impegni verificabili. Una rinascita che non sia solo spirituale, ma anche sociale, economica e istituzionale.

La speranza esiste se diventa progetto, se si fa azione, se chi governa sceglie di ascoltare davvero i cittadini e di assumersi la responsabilità di cambiare rotta. Solo allora il Molise potrà tornare a credere nel futuro e il Natale smetterà di essere un rito consolatorio per diventare l’inizio di un cammino possibile.