Molise, sanità in bilico: tra deficit, tagli e proteste la regione teme il collasso del sistema ospedaliero

di Pietro Tonti

Il Molise torna ad essere il laboratorio – e insieme la vittima – della crisi della sanità pubblica italiana. A oltre dieci anni dall’inizio del commissariamento, i conti non tornano e il disavanzo sanitario sfiora i 132 milioni di euro. Per rientrare nella spesa, i commissari straordinari nominati dal governo hanno predisposto un nuovo piano di riorganizzazione della rete ospedaliera. Ma le ipotesi di tagli e declassamenti hanno scatenato una protesta trasversale che unisce sindaci, medici, cittadini e partiti di ogni colore.


Il piano della discordia

La bozza prevede interventi drastici: riduzione delle guardie mediche da 43 a 13, accorpamento di reparti e addirittura la possibile chiusura di servizi essenziali.

  • Ad Agnone, l’ospedale Caracciolo rischia di essere trasformato in struttura a gestione infermieristica.

  • A Isernia, il reparto di Emodinamica del Veneziale è garantito solo per altri 18 mesi “in via sperimentale”. Un tempo che i cittadini percepiscono come un conto alla rovescia verso lo smantellamento, oltre all’incognita punto nascite

  • A Termoli, uno dei due punti nascita è destinato alla soppressione.

  • A Campobasso, l’ospedale Cardarelli potrebbe essere accorpato con altre strutture, riducendo ulteriormente i servizi disponibili.

Un disegno che, secondo i commissari, punta a concentrare le risorse e a rendere il sistema sostenibile. Ma che per i territori periferici equivale a una condanna: viaggi di oltre un’ora per un parto o un infarto, con esiti che possono fare la differenza tra la vita e la morte.


La rivolta dei territori

Il fronte del no si allarga di giorno in giorno. «Non si può applicare al Molise la stessa griglia di standard pensata per Lombardia o Lazio», spiegano i sindaci riuniti in conferenza provinciale. «Qui le distanze e la viabilità rendono indispensabile mantenere presidi diffusi, anche se sotto le soglie numeriche del DM 70».

Alle amministrazioni locali si aggiungono i medici: ad Isernia l’Ordine professionale ha diffuso una nota durissima contro il commissariamento, accusando lo Stato di non aver mai risolto i problemi strutturali e di aver lasciato crescere il debito. «Non siamo mai stati ascoltati», denunciano, «e ora si pretende di cancellare interi reparti senza un confronto con chi lavora sul campo».


La politica: unità contro Roma

Un fatto inedito: in Consiglio regionale maggioranza e opposizione si ritrovano dalla stessa parte. Tutti chiedono a gran voce deroghe al DM 70 e un ripensamento del piano. Alcuni esponenti evocano azioni legali e ricorsi al TAR, altri minacciano manifestazioni di piazza. Il Veneziale di Isernia, difeso dal Comitato “Sanità Bruciata” che si mobilita con Emilio Izzo a capo della protesta per le paventate chiusure dei reparti.

La sensazione diffusa è che la riorganizzazione non sia un’occasione di rilancio, ma l’ultimo passo di un lungo percorso di ridimensionamento.


Un commissariamento infinito

Dal 2009 la sanità molisana è commissariata per deficit strutturale. Quasi sedici anni di gestione straordinaria non sono bastati a riportare i conti in equilibrio. Nel frattempo, il personale è diminuito, il precariato è aumentato e l’attrattività per giovani medici è crollata.

Secondo i dati sindacali, oltre il 30% dei sanitari di ruolo andrà in pensione nei prossimi cinque anni, senza un piano serio di ricambio. Intanto il privato, soprattutto nella riabilitazione, cresce: segno che la domanda non trova risposta nel pubblico.


Il diritto alla salute in discussione

Per i cittadini molisani il rischio è concreto: vedersi privati di servizi fondamentali e dover migrare verso Lazio, Campania o Puglia per cure anche urgenti. Un paradosso, in una regione che già oggi registra la spesa pro capite per mobilità passiva tra le più alte d’Italia.

Il timore delle comunità è che, dietro il linguaggio tecnico di “sperimentazioni” e “accorpamenti”, si nasconda un disegno di lungo periodo: concentrare tutto su Campobasso e lasciare il resto del territorio scoperto.


Riflessione

Dopo sedici anni di commissariamento, una domanda sorge spontanea: se lo Stato, cioè il Governo, non è riuscito a risanare la sanità molisana, di chi è la responsabilità? Certamente non dei cittadini, che in questo tempo hanno solo subito tagli e disservizi. Continuare sulla strada delle riduzioni sarebbe non solo inefficace, ma ingiusto.

È tempo che l’Esecutivo si assuma la responsabilità politica della situazione: azzerare il disavanzo e ripartire da zero, garantendo ai molisani lo stesso diritto alla salute che spetta a ogni altro italiano. Perché la vita e la salute devono venire prima dei conti.

Se anche una sola persona dovesse morire per mancanza di un reparto o per il ritardo di un’ambulanza costretta a correre decine di chilometri in più, significherebbe aver agito in maniera sconsiderata. E questo un Paese civile non può permetterselo.