Il commissario Bonamico parla di efficienza e livelli di assistenza, ma il Molise reale è un’altra cosa: un sistema sanitario al collasso e una politica autoreferenziale.
di Pietro Tonti – Direttore di Moliseprotagonista
Ci stupiamo, sì.
Ci stupiamo ogni volta che ascoltiamo parole di ottimismo pronunciate da chi, nel Molise, gestisce la sanità come se fosse un bilancio aziendale e non un diritto costituzionale.
Il commissario alla sanità, L’Avv. Marco Bonamico, continua a parlare di “numeri in miglioramento”, di “rispetto dei livelli essenziali di assistenza” e di “pazienti serviti con efficienza”.
Ma quei numeri, dietro cui si nasconde la burocrazia, non raccontano la vita reale dei cittadini molisani.
Il Molise è una regione dove i pronto soccorso si svuotano di medici, dove un’ambulanza arriva dopo mezz’ora, dove per una visita oculistica bisogna aspettare quattro mesi.
È un territorio in cui gli ospedali non comunicano tra loro, i pazienti vengono rimbalzati da un reparto all’altro, e chi si ammala deve spesso attraversare il confine regionale per ricevere cure dignitose.
Eppure, da Campobasso, si continua a dire che tutto “rientra nei parametri”.
L’universo parallelo del potere
C’è un universo parallelo in cui si muove la politica sanitaria molisana — fatto di tabelle Excel, percentuali e slide in PowerPoint — che nulla ha a che vedere con l’esperienza quotidiana dei cittadini.
Un universo dove il “rispetto dei LEA” (Livelli Essenziali di Assistenza) diventa il nuovo alibi per giustificare tagli e chiusure, mentre sul territorio il disagio cresce e la fiducia crolla.
Il commissario Bonamico sembra dimenticare che la sanità non è solo numeri, ma volti, storie e sofferenze.
Dietro ogni parametro rispettato c’è un paziente che attende, un anziano solo, una famiglia costretta a pagare visite private per non aspettare.
E quando i cittadini protestano, quando denunciano l’abbandono o l’assenza di servizi, la risposta è sempre la stessa: “Stiamo migliorando.”
Un mantra sterile che suona offensivo per chi vive il disagio sulla propria pelle.
La politica che applaude se stessa
Ma il problema non è solo Bonamico.
È l’intero sistema politico regionale che ha smesso di interrogarsi.
Il Consiglio regionale, che dovrebbe vigilare, preferisce tacere; la Giunta, che dovrebbe pretendere risposte, si limita a difendere la propria immagine.
Nel frattempo, i sindaci protestano, le famiglie implorano, i medici vanno via, e le istituzioni continuano a raccontare un Molise che esiste solo nelle conferenze stampa.
Questa è la vera malattia del sistema: l’autoreferenzialità.
Una classe dirigente che parla solo con sé stessa, che misura il consenso con i like e non con le ambulanze che arrivano in tempo.
E così la sanità molisana è diventata una scenografia: lucida nei comunicati, fatiscente nella realtà.
Il diritto alla cura non è un algoritmo
La sanità non è un algoritmo.
Non basta “rientrare nei parametri ministeriali” per dire che funziona.
Finché un cittadino dovrà scegliere se curarsi o risparmiare, finché un medico dovrà coprire tre turni di fila per mancanza di personale, finché un pronto soccorso resterà chiuso di notte, non ci sarà numero che possa giustificare questo fallimento.
Il Molise non ha bisogno di commissari che parlano di bilanci, ma di politici che parlano di persone.
E oggi, più che mai, ci aspettiamo che la politica regionale batti i pugni a Roma, insieme agli eletti molisani in Parlamento, per dire una volta per tutte:
“Io non ci sto. Azzerate il debito che avete creato in sedici anni di commissariamento e ridate dignità alla nostra sanità.”
Perché la verità è semplice:
i numeri non soffrono, non aspettano, non muoiono.
Le persone sì.
E in Molise, purtroppo, lo fanno nel silenzio.
Editoriale di Pietro Tonti