di Claudia Mistichelli

Dal sito Ufficiale www.sprar.it, questi i dati riguardanti i richiedenti asilo in Molise e il numero di presenze sul territorio:
Comuni in provincia di Campobasso presenze rifugiati: Campobasso 18; provincia di Campobasso 84; Casacalenda 21; Gambatesa 30; Guglionesi 21; Jelsi 45; Larino 40; Montecilfone 31; Portocannone 26; Santa Croce di Magliano 20; Sant’Elia a Pianisi 26; Termoli 76.
Comuni in provincia di Isernia presenze rifugiati: Agnone 50; Cerro al Volturno 18; Sant’Agapito 45.
Il totale è di 551 richiedenti asilo nel Molise, ma, come ben sappiamo è un numero molto esiguo rispetto ai migranti effettivamente presenti sul territorio molisano.
E’ importante capire cos’è lo Sprar: in breve è un sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, gestito dalle istituzioni (Stato, Comuni e Regioni) con la collaborazione del Terzo settore (Associazioni, Onlus, Cooperative di volontariato, etc).

Questo progetto si occupa di tutti i servizi e le necessità dei rifugiati: accoglienza, vitto, alloggio, assistenza sanitaria, assistenza legale per il disbrigo delle pratiche burocratiche necessarie all’ottenimento della protezione internazionale e la mediazione linguistico culturale al fine di accompagnare i cittadini stranieri all’inserimento socio economico nel territorio italiano.
Lo Sprar è suddiviso in 3 fasi: Centri di primo soccorso e smistamento (gestiti dallo Stato); Centri di prima accoglienza, di medio/grande dimensioni, per un breve periodo (gestiti dalla Regione) e Centri di seconda accoglienza di piccole dimensioni (gestiti dai Comuni).

In tutti questi casi, le somme di denaro per la gestione, sono erogate direttamente alle istituzioni che gestiscono i centri e il numero di posti a disposizione sono limitati in base agli accordi nazionali di ripartizione.
L’adesione allo Sprar, in teoria, dovrebbe scongiurare altri arrivi, soprattutto eviterebbe la ricerca di strutture private, sempre che il Comune o la Regione dichiarino di aver assolto al proprio compito e che il Ministero dell’Interno non imponga quote più alte di accoglienza, rispetto a quelle stabilite.
I Centri Governativi, invece, sono strutture di accoglienza per tutte le tipologie di migranti e non solo per i richiedenti asilo, sono suddivisi in: CPSA (Centri di primo soccorso e accoglienza); CDA (Centri di accoglienza), CARA (Centri di accoglienza per richiedenti asilo), i quali verranno gradualmente sostituiti dai nuovi hub, Centri governativi di prima accoglienza e qualificazione; CIE (Centri di identificazione espulsione che a oggi ancora non hanno questa funzione) anch’essi proiettati verso una nuova identità (si auspica non soltanto nominativa): gli hotspot (strutture in cui poter trattare in modo rapido e veloce i processi di identificazione e registrazioni dei migranti, con una permanenza massima di 48 ore, a oggi ancora non funzionanti). (www.altrodiritto.unifi.it).
Purtroppo, a causa dell’arrivo massiccio e incontrollato di migranti e l’emergenza cronica in cui si trova l’Italia, le suddette strutture sono sature e non facilmente gestibili, come indicato negli accordi europei.

Il Ministero degli interni, quindi, ha l’esigenza perpetua di trovare altre strutture di accoglienza, imponendo alle Prefetture, dei bandi pubblici alla ricerca di locali gestiti da privati.
Quando i comuni non aderiscono allo Sprar, oppure, non comunicano ai Prefetti il loro diniego all’accoglienza (nel caso in cui la presenza di migranti sul territorio sia superiore alla percentuale prevista) si favorisce il proliferare di strutture gestite da privati.

In questo modo, la trattativa, come anche la somma erogata per l’accoglienza, è diretta tra Prefettura e gestore della struttura privata.

Il gestore privato deve fornire tutti i servizi stabiliti dalle disposizioni ministeriali, su di lui ricade non solo la responsabilità dell’organizzazione ma anche quella sui migranti ospitati.

“Il lucro crea sicurezza, che si trasforma in dominio” (cit)